Mafie a Roma: più denaro che pistole?
Il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, agli Stati generali della legalità:
«C'è accordo tacito fra
clan per evitare violenza»
di Antonio Turri
Il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, nel suo intervento di ieri agli Stati generali della legalità organizzati nella capitale dalla Cgil ha affermato che: "C'é su Roma un accordo tacito tra le mafie per evitare atti di violenza"...Nella capitale c'é spazio per tutti ed è quindi meglio non attirare l'attenzione delle forze dell'ordine e della magistratura e non creare allarme sociale". A preoccupare il procuratore è l'immensa disponibilità di denaro che la criminalità organizzata riesce a muovere attraverso l'economia. Secondo Pignatone "La città di Roma vede crescere esponenzialmente la massa di denaro di dubbia origine che viene reinvestita sul territorio. A Roma esistono imponenti fenomeni di evasione fiscale, criminilità economica e frodi, e si osserva una lunga serie di grandi fallimenti che muovono quantità immense di denaro: su questo non c'é consapevolezza di quanto sia importante contrastare il fenomeno". Gli fa eco il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro che sostiene: "Nella capitale non c'é controllo militare da parte delle associazioni mafiose ma esiste una criminalità economica" ed aggiunge che "la speculazione edilizia è stata una delle cause che ha favorito il dilagare della criminalità".
Per alcuni osservatori la posizione di Pignatone è sottoscrivibile, ad eccezione del fatto che a Roma non ci sia il controllo delle mafie, anche di tipo militare in alcune zone e quartieri della Capitale. A Roma e in altri centri del Lazio le mafie sono oltre la fase del radicamento. Contaminano settori della criminalità organizzata autoctona fondendosi con essa e, seppur ancora a macchia di leopardo, in quartieri come ad esempio Tor bella monaca, Nuova Ostia e in altre periferie romane, attraverso il controllo dei traffici delle sostanze stupefacenti o della prostituzione incutono paure ed omertà tra i cittadini residenti. I tanti omicidi consumati con modus operandi mafioso nel 2011, molti dei quali irrisolti, sono stati il chiaro segnale che quando sopraggiungono contrasti le mafie e la criminalità organizzata, anche straniera, uccide e manda messaggi che parlano "più ai vivi che ai morti". Sul litorale romano, in particolare, la presenza di alcuni clan storici della malavità romana e di famiglie mafiose stanziali da moltissimi anni, hanno ingenerato elementi di omertà tra chi opera nei settori del commercio e gli stessi gruppi malavitosi contaminano importanti pezzi dell’economia. I molti boss e familiari al seguito che risiedono nella Capitale non smettono certo di continuare a svolgere il loro mestiere: quello del mafioso.
Del resto l’usura, il raket, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento della manodopera nell'edilizia e nell'agricoltura e nei servizi a Roma e nel Lazio, in particolare nelle comunità straniere sono emergenze che rimangono inesplorate. Alcuni pezzi delle periferie romane sono particolarmente a rischio e la grave crisi economica potrebbe confermare la tesi di chi sostiene che quando si romperanno i labili accordi di spartizione dei traffici criminali le mafie si confronteranno con il fuoco delle armi anche a Roma. La capitale è piena di armi come è stato ampiamente dimostrato nel corso dell’operazione "Mister" dell’ottobre 2011 , allorquando i Carabinieri del Gruppo di Roma portarono a termine un’operazione che consentì di disarticolare un'organizzazione internazionale dedita al traffico di armi pesanti e da guerra e di droga.
Le armi, tra cui dei lanciamissili, sostennero gli investigatori dell’antimafia erano destinate al mercato criminale di Roma.
Per fare cosa?
Fonte Liberainformazione.org 12 Luglio 2012
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