TRAGEDIA ANNUNCIATA. IL CROLLO DI UN MORRO DI CINTA DI UN BENE CONFISCATO, GRIDA SCANDOLO AD UNO STATO LATITANTE
L'altro giorno è crollato il muro di cinta di un bene confiscato, a causa della pioggia, e nonostante i mille appelli dell'associazione libera, poco è stato fatto dall'amministrazione e dalle autorità competenti, sia a livello di prevenzione e manutenzione che a quello di controllo. Ecco la denuncia dell'associazione.
dalla Redazione del Presidio
Afragola - Casoria
Tragedia sfiorata ad Afragola, l’altro ieri
pomeriggio 21 Gennaio, nei pressi di
Via Arena.
A causa di una pioggia torrenziale è franato un
muro di contenimento distruggendo due autovetture parcheggiate. Fortunatamente
al momento del crollo non c’era nessun passante ed è stata evitata l’en- nesima
vittima innocente
Potrebbe sembrare una scena da terzo mondo e
invece, ormai da tempo, in queste zone si è abituati a questo tipo di crolli,
al punto che la notizia non ha suscitato neanche l’opportuno sdegno sui media
locali.
Quest’immagine è l’ennesimo triste capitolo di una storia senza fine che si
perpetua su un territorio massacrato dal disastro urbanistico; in zone dove la sicurezza è minacciata
continuamente dal mancato rispetto di norme e dove purtroppo la topografia del territorio è disegnata da decenni
di un’aggressiva speculazione edilizia che, annodandosi con interessi politico-criminali, ha generato questa strutturale situazione di
perenne emergenza di sicurezza abitativa. Tale degenerazione è messa in rilievo
solo di sfuggita e in modo superficiale dai media, che mostrano un certo
interesse alla cosa soltanto quando ci “scappa” il morto, come nel luglio del
2010, quando il crollo di una palazzina in via Calvanese, causò tre vittime.
Ma c’è di più. L’episodio in questione racconta anche l’assenza di una cultura
della legalità ovvero dell’indifferenza che colpisce trasversalmente la classe
politica locale. Quel muro infatti appartiene alla recinzione del perimetro di
un bene confiscato alla criminalità e, come tanti altri beni sottratti alla
camorra, è stato affidato all’amministrazione comunale perché, ai sensi della
Legge 109 del 1996, sia riutilizzato per fini sociali. E questo, come degli
altri beni inutilizzati, abbandonati al disfacimento, divenuti discariche a
cielo aperto o soggetti ad occupazioni abusive, il Presidio territoriale di
Libera Afragola-Casoria lo ha pubblicamente denunciato e documentato anche con
foto e filmati in una Manifestazione pubblica organizzata con il Consorzio S.O.L.E.
il 12 aprile 2012, alla quale non mancò di intervenire lo stesso vicesindaco di
Afragola, dott.Antonio Pannone. A seguito di tale convegno, lo scorso giugno,
in un incontro, presso la Casa Comunale promosso dal vicesindaco Pannone, alla
presenza di assessori e dirigenti del Comune si comunicava ai referenti di
Libera territoriale, provinciale e nazionale (dott. Davide Pati) la
convocazione, in tempi brevi di una Conferenza di Servizio onde poter valutare
con precisione lo stato di fatto e, attraverso un lavoro sinergico con le diverse realtà presenti sul territorio, avviare
il riutilizzo dei beni confiscati alla camorra. Parole rimaste tali tant’è che,
a tutt’oggi, tutto tace!
Il “bene” di Via Arena non è dunque un caso isolato: ad Afragola, come nei
territori limitrofi, la maggior parte
dei beni confiscati è abbandonata, trascurata dalle diverse amministrazioni e negata alla collettività. Non raramente quei
beni vengono occupati abusivamente da persone che, evidentemente, godendo della
protezione dei vecchi proprietari (i quali, in taluni casi, si dice, che addirittura continuino a
ricevere l’affitto!), abbattono le recinzioni e ignorano i sigilli.
Misfatti che descrivono meglio di cento parole una
realtà dove l’assenza di regole, la sottocultura dell’illegalità e il mancato
rispetto delle norme civiche mina costantemente la sicurezza dei cittadini, di
tutti quei passanti che in quel momento e senza saperlo potevano trovarsi lì, vittime
dell’ennesima tragedia annunciata.
Una storia che, alla fine, sembra corrispondere
all’interesse delle logiche criminali: “qui lo Stato non c’è!”
Difatti, basta andare su quel terreno, nei pressi di Via Arena (dove è sparito perfino il cartello
che lo identificava come bene confiscato!), per constatare che continua ad essere occupato
abusivamente, alla luce del sole, senza che ciò provochi il minimo sdegno: e
questo descrive meglio di qualsiasi
parola, l’ennesimo simbolo mancato di legalità, l’ennesimo sfregio ad una città
che non riesce a comprendere che solo
attraverso l’affermazione dei diritti costituzionali, che passano attraverso
rispetto di quelle norme, si possono scampare quei pericoli.
Il simbolo - il sigillo rispettato- e
quindi la battaglia in campo sul
recupero di beni confiscati alla criminalità, corrisponde non soltanto alla sicurezza e
quindi alla convenienza della collettività, ma è altresì il primo passo per costruire una
coscienza sociale e collettiva che contrasti effettivamente le logiche
criminali presenti sul territorio, che si servono degli stessi simboli per
imporre il loro potere attraverso un codice di omertà. Per questo, la battaglia
sui beni confiscati, è una battaglia fondamentale per la democrazia del nostro
Paese, perché è allo stesso tempo una battaglia culturale, sociale, economica e
simbolica. E può essere vinta soltanto se tutte le forze in campo trovano un percorso comune per
tracciare la via del riscatto sociale.
Fonte: liberaafragolacasoria.com