"Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo"

Paolo Borsellino

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

Villa del boss Paolo Di Lauro torna alla collettività




Villa del boss Paolo Di Lauro torna alla collettività


L'immobile sarà destinato alla polizia locale

Il Comune di Napoli ha ricevuto formale consegna, da parte dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, della villa appartenuta al boss Paolo Di Lauro, situata in via Cupa dell'Arco (Secondigliano).  L'immobile sarà destinato alla Polizia locale. Alla consegna erano presenti i dirigenti del Comune e il presidente della municipalità Vincenzo Solombrino.  "Quella di oggi - dice il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris - è una giornata importante per Napoli che alimenta la battaglia democratica contro la camorra che sempre vedrà in prima fila questa amministrazione.

 La decisione di destinare alla nostra polizia locale l'immobile di un boss assume un valore altamente simbolico, che rappresenta anche la volontà di contrastare il controllo del territorio da parte della camorra, restituendo gli spazi comunitari ai cittadini e alle cittadine attraverso un presidio di legalità. Il mio pensiero, come sempre, va a tutte le vittime e ai loro famigliari, ed in questo caso, in particolare, ad Attilio Romanò, vittima innocente della tremenda faida di Scampia"


Fonte Liberainfromazione.it 29 Giugno 2012

Le mafie ai tempi della crisi




Le mafie ai tempi della crisi

Marcello Cozzi, Libera: « Cresce la profondità dell'impegno dei tanti volontari che animano la rete antimafia»

Arriva quest'anno dentro il consueto CaterRaduno di Caterpillar (Radio 2) a Senigallia, l'appuntamento estivo di Libera, una tre giorni di formazione  dedicata a mafie e antimafia in tempi di crisi. In circa 300 da tutta Italia  con proposte e analisi per  il proprio contributo al dibattito, per fare un bilancio del lavoro di quest'ultimo anno, per programmare le attività da realizzare sui territori. "Una rete in costante crescita - conferma Don Marcello Cozzi, dell'Ufficio di presidenza di Libera - che si allarga ma che sa soprattutto scendere in profondità, migliorando quantità e qualità dei percorsi, dell'impegno, dei progetti antimafia". Con Marcello Cozzi abbiamo parlato di questo ultimo anno di attività e dei progetti futuri della rete di associazioni di Libera, a vent'anni dalle stragi di Capaci e via D'Amelio.            

A Senigallia con un corso di formazione  per ragionare su economia e mafie. Chi guadagna da questa crisi?Il seminario della rete di volontari di Libera sceglie di occuparsi di una verità, sotto gli occhi di tutti. Era inevitabile non tenere presente che mentre siamo impegnati sui nostri territori, nelle nostre realtà a costruire percorsi responsabili contro mafie e illegalità, siamo pienamente immersi in un periodo di crisi. Così ci siamo chiesti: ma anche le mafie sono in crisi? Con questo interrogativo abbiamo scelto di mettere l'accento sui business criminali che in un periodo di crisi fanno crescere l'economia mafiosa. Senza sosta.  Dall'aggressione criminale all'ambiente e al territorio, passando per il credito a tassi usurai gestito dai clan, continuando con il rischio concreto rappresentato dal gioco d'azzardo. In un periodo di crisi economica generale la liquidità continua ad essere saldamente in mano alla mafie che penetrano, anche per questa via, nel circuito dell'economia legale.

Libera ha monitorato durante l'ultimo anno proprio il fenomeno della crescita del gioco d'azzardo che secondo stime nazionali è in crescita del 26% ...    

Si, sebbene sia ancora un argomento poco noto, la crisi sta spingendo molto al gioco, al tentativo di fare fortuna con i giochi d'azzardo. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, questo abuso del gioco non porta a risolvere i problemi economici di ciascuno ma li aggrava. E poi diventa complicato uscirne, specie se oltre ai debiti si profila anche una dipendenza da questi giochi. Inoltre, questo sta diventando sempre più un business in mano alle mafie, appunto come dimostrato anche dal lavoro d'approfondimento realizzato da Libera con il giornalista Daniele Poto nel dossier “Azzardopoli”. Circa 10 milioni di euro sul fatturato complessivo delle mafie arriva infatti ai clan proprio dalla filiera del gioco d'azzardo, boss che guadagnano sulla pelle delle persone.  Le mafie, dunque, da questa crisi stanno guadagnando e ancora di più rafforzando la loro posizione, in settori delicati come questo o quello dei rifiuti e del cemento, sul quale rifletteremo insieme a relatori di alto livello che ogni giorno contrastano il fenomeno sotto il profilo repressivo – istituzionale e culturale.    

 Le mafie fanno affari ma l'antimafia ormai da decenni non resta a guardare. Si è organizzata in una risposta articolata su vari fronti. Quali gli obiettivi raggiunti in questo ultimo anno di attività della rete di Libera?     

C'è una crescita esponenziale delle attività che si registra ogni anno e che ci vede impegnati, sui territori, in tante aree diverse di intervento. Un percorso sempre in crescita valorizzato e reso unico da Luigi Ciotti, e negli anni, vede crescere il valore e la preparazione, in termini di impegno personale e collettivo di chi Libera la fa ogni giorno nelle proprie città, nei paesi, nelle scuole e in tutte le molteplici realtà che la animano. In questo ultimo anno, quindi, vorrei segnalare  come importante obiettivo che ci proietta alle sfide future questa crescita non solo numerica ma sempre più nella qualità e nella profondità dell'impegno dei nostri referenti sui territori. Insieme a loro e ai tanti insegnanti e studenti continuano a crescere i numerosi percorsi nelle scuole e nelle università. Da “Regoliamoci” sino ai corsi nati nelle aule universitarie si registra una intensità di queste attività che è segnale di questa continua voglia di sapere, di conoscere e di formarsi su questi argomenti. Di ragionare insieme sulle proposte migliori per contrastare sotto il profilo culturale l'avanzare delle mafie. Cultura antimafia e percorsi concreti si dimostrano ancora una volta la via più efficace sulla quale proseguire per contrastare le mafie, come testimoniano i recenti incendi ai beni confiscati in Sicilia e Puglia. Anche questi sono, purtroppo, segnali che  dicono che stiamo lavorando nella direzione giusta. Quest'ultimo anno dentro Libera, inoltre, è cresciuta e si è rafforzata anche l'assistenza legale ai familiari delle vittime delle mafie ma anche alle vittime di reati mafiosi. Strutturato adesso come un vero e proprio settore, l'ufficio legale animato da molti avvocati e coordinato da Enza Rando è in forte crescita ed è affiancato dagli sportelli di Sos Giustizia, punto di assistenza legale e informazione, in particolare per le vittime di usura, sui territori.  

Un impegno quello sul versante della giustizia che si svolge anche in silenzio, nei percorsi di "incontro" e dialogo con alcuni collaboratori di giustizia ...  

Questo percorso ci riempie di forza e di responsabilità. E' delicato ed è stato a lungo ragionato, spesso insieme a familiari di vittime delle mafie. Questi progetti aprono un fronte nuovo: in maniera provocatoria da alcuni anni dico che dopo aver confiscato i beni ai mafiosi dovremmo provare a "confiscare" le persone e portarle a nuova vita.  


Un'antimafia più responsabile non solo in Italia ma anche all'estero, come procede il percorso europeo?

Il settore internazionale allarga sempre di più il suo raggio d'azione, è impegnato a sostenere in Europa il percorso di antimafia sociale già sperimentato in Italia e in questa direzione è elemento per noi di straordinario valore l'impegno assunto da Franco La Torre alla presidenza del network Flare. A giugno abbiamo chiuso il bilancio sociale dell'associazione che presenteremo a Senigallia e all'interno, ne cito solo alcune, ci sono tutte le attività di Libera Sport (fra le tante ricordo lo storico allenamento della Nazionale sul campo confiscato alla 'ndrangheta a Rizziconi) e penso al settore dell'informazione, la Fondazione che dalla straordinaria figura di Roberto Morrione è passata sotto la direzione dell'altrettanto fondamentale direzione del giornalista, Santo Della Volpe. Un lavoro  complessivo, quello della rete di Libera, comunicato sempre più e sempre meglio grazie al settore ufficio stampa e comunicazione. E poi loro, i tantissimi familiari di vittime delle mafie, coordinati da Stefania Grasso e che vede una partecipazione sempre più organizzata di tutti, attraverso il neonato coordinamento di familiari che in maniera agile e rappresentativa sarà al fianco di Stefania.

Una rete antimafia, quella di Libera, che ha messo insieme la società civile nei giorni successivi alle stragi di Capaci e via D'Amelio, vent'anni dopo manca ancora la verità su quello che accadde in quel biennio?

C'è un punto fermo che riguarda chi materialmente azionò pulsanti e eseguì le stragi. Resta da chiarire il livello dei mandanti, chi ha determinato le stragi. Delle indagini in corso poco possiamo sapere finché non saranno concluse e non avranno un risultato investigativo concreto ma storicamente da quello che è emerso è possibile dire che una qualche forma di trattativa fra una parte dello Stato e la mafia ci sia stata. 

Fonte liberainformazione.it  29 Giugno 2012 dalla redazione


Matteo Messina Denaro, una latitanza che non si “arresta”






Matteo Messina Denaro, una latitanza che non si “arresta”


Polemiche alla Dda di Palermo sulla cattura di Leo Sutera, ritenuto in collegamento con il boss trapanese


Un giorno potrebbe esserci un processo a proposito della mancata cattura dell’attuale super latitante della mafia trapanese, Matteo Messina Denaro? Un processo che potrebbe essere la replica di quello in corso a Palermo per la mancata cattura di Bernardo Provenzano e dove è imputato il generale dei carabinieri Mario Mori? Domande d’obbligo da quando nel giro di pochi mesi sono venuti fuori fatti che fanno pensare a qualche “manina” che, provvidenzialmente, ha fermato indagini in corso per arrivare al nascondiglio del boss belicino, uccel di bosco dal 1993, 19 anni esatti. 

All’esito di una recente operazione antimafia messa a segno nell’agrigentino ha fatto gran clamore l’intervento carico di ira messo nero su bianco dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo, Teresa Principato. Il blitz ha condotto in carcere un professore, Leo Sutera, che aveva un rapporto “epistolare” – scambio di “pizzini” – con Matteo Messina Denaro, “uomo-cerniera” tra le mafie trapanesi ed agrigentine che si muovono nell’orbita di Messina Denaro. 
Secondo il procuratore Principato se Sutera non fosse stato preso, poteva essere utile per arrivare al latitante. 

Cronaca a parte, facendo un semplice esercizio di memoria si scopre che non è la prima volta che ciò accade e che cioè un blitz eseguito con la misura del fermo di polizia emesso per emergenze investigative direttamente dalla Procura, avrebbe causato “danno”. Appena due anni addietro quando a Trapani fu eseguita l’operazione “Golem 2”, ci fu il sospetto che quella cerchia di soggetti più vicini al boss latitante, a cominciare dal fratello Salvatore Messina Denaro e dal cognato, Vincenzo Panicola, se ulteriormente controllata poteva svelare segreti e movimenti utili alla cattura, i poliziotti avevano scoperto il sistema di comunicazione del latitante, individuati erano stati i tempi dei periodici invii dei “pizzini” forse sarebbe bastato attendere il maturarsi dei tempi, per la consegna dei nuovi “pizzini” per arrivare a scoprire il covo. 

A Palermo, invece, negli uffici dei pm sarebbero giunti pressioni altolocate, romane, da uffici del Viminale, e così il blitz scattò e la possibilità di avvicinarsi ancora di più al latitante venne interrotta. 
E ancora, dalla famosa indagine sulle “talpe” al Palazzo di Giustizia di Palermo, dove furono indagati e condannati due eccellenti come i marescialli Giuseppe Ciuro, della Dia, e Giorgio Riolo, del Ros. Furono svelati particolari importanti sulle strategia di ricerca. C’è poi una storia finita quasi nel dimenticatoio, emersa da una indagine dei carabinieri trapanesi, denominata “Hiram”, sui rapporti tra la mafia e massoneria, terreno fertile sul quale è cresciuta storicamente Cosa nostra trapanese. Un'indagine che portò i militari a fare perquisizioni anche presso lo Sco, il servizio centrale operativo della Polizia, tra i soggetti indagati, e condannati, una poliziotta Francesca Surdo che avrebbe avuto possibilità di accedere ai fascicoli più riservati dello Sco.

Fonte: liberainformazione.it   di Rino Giacalone

BEATIFICAZIONE PADRE PUGLISI




BEATIFICAZIONE PADRE PUGLISI


Don Luigi Ciotti : "Quel modello di prete che la mafia voleva 

cacciare in Sagrestia, oggi viene riconosciuto dalla Chiesa 

come massima fedeltà al Vangelo"


"Mori' per strada,  dove viveva, dove incontrava i "piccoli", gli adulti, gli anziani, quanti avevano bisogno di aiuto e quanti, con la propria condotta, si rendevano responsabili di illegalita', soprusi e violenze. 
Probabilmente per questo lo hanno ucciso: perche' un modo cosi' radicale di abitare la strada e di esercitare il ministero del parroco e' scomodo. 
Lo hanno ucciso nell'illusione di spegnere una presenza fatta di ascolto, di denuncia, di condivisione.
Quel modello di prete che la mafia voleva cacciare in Sagrestia viene oggi ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa  come massima fedeltà al Vangelo.
 La speranza che suscita oggi padre Puglisi è il dare dignità a tutti coloro che costruiscono nella chiesa catechesi e evangelizzazione a partire dalla strada , dai poveri , dagli ultimi."
In una nota  don Luigi Ciotti, presidente  di Libera commenta la notizia della beatificazione di Padre Puglisi. 
"Il prete palermitano - prosegue Don Ciotti- ha incarnato pienamente la poverta', la fatica, la liberta' e la gioia del vivere, come preti, in parrocchia. 
Con la sua testimonianza  don Pino ci sprona a sostenere quanti vivono questa stessa realta' con impegno e silenzio. 
La vita di Padre Puglisi, il suo impegno sacerdotale, la sua voglia di strappare i ragazzi dalla strada, 
la sua passione educativa, il suo coraggio sociale fino a esporsi anche contro il potere mafioso diventano oggi per la chiesa un "modello" di santità cristiana, ma per molti altri era già un esempio di coraggioso impegno civile.
La beatificazione di Padre Puglisi - conclude Don Ciotti - rilancia il grido di Giovanni Paolo II nella Velle dei Templi "convertitevi" e quello di Benedetto XVI nella piazza Politeama di Palermo "la mafia strada di morte"


Fonte Libera.it  29 Giugno 2012

Festival Impegno Civile, tappa dedicata a Andrea Nollino





Festival Impegno Civile, tappa dedicata a Andrea Nollino


La tappa di domani del Festival dell’Impegno Civile sarà idealmente dedicata a Andrea Nolino e tutte le vittime innocenti di camorra. Facciamo memoria viva delle vittime innocenti e con questo Festival vogliamo lanciare un segnale chiaro: per combattere la camorra si deve fare una scelta di campo e investire in sviluppo, lavoro e cultura, lo si deve fare a partire dai beni confiscati perché sono il simbolo più forte della possibilità di combattere e vincere le mafie. Nel nostro lungo viaggio, da Teano a Quindici, da Posillipo a Casal di Principe, da Ercolano a Trentola, da Casapesenna a Casalnuovo, stiamo verificando concretamente la possibilità di costruire una rete forte che varca i confini regionali e, a partire dal riutilizzo sociale e produttivo dei beni confiscati, sarà un importante strumento contro le mafie. Le istituzioni facciano la loro parte e abbandonino le zone grigie». Lo affermano gli organizzatori del Festival dell’Impegno Civile, la kermesse itinerante promossa dal Comitato Don Peppe Diana e da Libera Caserta che dall’inizio di giugno e fino al 3 agosto, con incontri, arte spettacoli, entra in ville, appartamenti, terreni, dove i nomi di Zagaria, Schiavone, Iovine, Graziano, Birra, sono cancellati dall’impegno e dal lavoro di tanti che si mettono in gioco e costruiscono giustizia e bellezza, ma anche nuove possibilità di sviluppo sostenibile e inclusivo. Domani la tappa di Casalnuovo: in località Casarea, a via Vecchiullo, simbolo nazionale dell’abusivismo edilizio, dove le ruspe hanno liberato i terreni dagli scheletri ingombranti di interi condomini abusivi, nascerà la cooperativa A.R.S, il cui acronimo richiama la memoria di Alberto VallefuocoRosario Flaminio eSalvatore De Falco, i tre giovani operai, vittime innocenti di camorra, assassinati nel 1998, lungo via Nazionale delle Puglie. A tenere a battesimo la cooperativa Antonio Peluso, sindaco di Casalnuovo, Bruno Vallefuoco, papà di Alberto e referente di Libera Memoria, Geppino Fiorenza, referente regionale Libera, Antonio D’Amore, referente provinciale Libera, e Salvatore Cantone, componente del direttivo nazionale della FAI (Federazione Italiana delle Associazioni Antiracket). Dopo l’incontro a Casarea la giornata promossa dal Festival proseguirà nella piazza di Tavernanova, dove verrà inaugurata una targa in memoria del giornalista Giancarlo Siani. Interverranno: Paolo Siani, fratello di Giancarlo e Presidente della Fondazione Pol.I.S, Tano Grasso, Presidente onorario della FAI, vari dirigenti scolastici e scolaresche di Casalnuovo. Saranno presenti i familiari di Salvatore De Falco e Rosario Flaminio, i rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’ordine, associazioni aderenti a Libera. I promotori, inoltre, annunciano l’adesione del Festival alla fiaccolata promossa per venerdì dal Presidio territoriale Afragola-Casoria di Libera in memoria di Andrea Nollino.

Fonte Campania Notizie .com Festival Impegno Civile 

Tappa a Casalnuovo

COMUNICATO STAMPA LIBERA PRESIDIO AFRAGOLA - CASORIA




COMUNICATO STAMPA

LIBERA
PRESIDIO
AFRAGOLA  - CASORIA





Oggetto: Fiaccolata in memoria di ANDREA NOLINO ,

         

     
VITTIMA INNOCENTE DI CAMORRA




In riferimento al gravissimo fatto di sangue che ha 

stroncato la vita dell’inerme cittadino ANDREA NOLINO 


vittima innocente di criminalità, il Presidio Territoriale 


Afragola-Casoria di Libera. Associazioni, nomi e numeri 


contro le mafie, per sensibilizzare e mobilitare la 


cittadinanza in azioni di contrasto alla violenza 


criminale, promuove una fiaccolata di resistenza e in 


memoria di Andrea Nolino, ucciso da mani violente


L’ultimo episodio ci ricorda ancora una volta che è 


necessaria da parte di tutti una ferma scelta di campo.


La fiaccolata attraverserà le vie della città con 


concentramento, partenza e conclusione dalla

 Casa Comunale.




L’appuntamento è quindi per Venerdì 29 Giugno 2012 


alle ore 18:00 all’esterno della Casa Comunale in Piazza 




Cirillo – Casoria(NA).





FOTO EVENTO





Per  info :


email:liberafragolacasoria@libero.it





Ufficio stampa: 32041440

La camorra minaccia i cronisti che lavorano nei beni confiscati










La camorra minaccia i cronisti che lavorano nei beni confiscati


di Andrea Postiglione 

“Visto che questo palazzo ha tante orecchie e che siamo in un cortile che affaccia fuori, approfitto per dire che la dovete smettere di trincerarvi dietro la guapperia delcamorrista. Amalia De Simone, direttrice di Radio Siani a Napoli, risponde così all’ennesima provocazione degli affiliati al clan Birra di Ercolano alla webradio dedicata al giornalista napoletano ucciso dalla camorra negli anni ’80: il passaggio, qualche giorno fa, del corteo funebre del defunto padre del capoclan della zona sotto alla sede dell’emittente. Un gesto di sfida, che si aggiunge ai tanti altri che i volontari che lavorano nella radio sono stati costretti a subire nei tre anni di attività: “Ai ragazzi – dice – è stato affidato un bene confiscato al boss Giovanni Birra e da allora i problemi non sono mancati. Una sera un pregiudicato cominciò dalla strada a minacciarli di morte, poi si intrufolò in radio e continuò con le ingiurie. Lo abbiamo denunciato ed è stato arrestato”. Un destino, quello delle minacce mafiose, che accomuna decine di giornalisti in Italia e che è stato oggetto di un incontro dal titolo “Chi racconta le mafie” organizzato nella sede di Radio Siani in occasione del Festival dell’Impegno Civile, kermesse organizzata interamente sui beni confiscati alla criminalità organizzata. Tra i partecipanti anche Pino Maniaci, direttore della siciliana Telejato, e Marilena Natale, giornalista della Gazzetta di Caserta più volte oggetto di intimidazioni camorristiche.


Fonte Il fatto quotidiano .it 26 Giugno 2012 


Ennesimo morto ammazzato, si dirà.






Ennesimo morto ammazzato, si dirà.
Ancora una volta proiettili vaganti spezzano vite. 
Secondo le prime ricostruzioni, sembrerebbe che la vittima , sia stato ucciso per sbaglio. Per errore. 
Al suo posto poteva esserci chiunque, tutti potevamo trovarci lì. Quanti di noi, dei nostri familiari sono passati davanti a quel bar?Tutti possiamo morire "per errore".

Ciò che fa davvero paura non sono quei proiettili, non sono le minacce.


Fanno Paura quei silenzi!

Chi sa e non dice, giustifica, legittima quelle azioni delittuose.
La paura è un alibi, serve per farci stare bene con la coscienza.
Nessun essere umano con una certa dignità può provare paura nel dare un volto a quei killer. Quei silenzi sono mafiosi, sono connivenze.
A nome del presidio Libera Afragola- Casoria invitiamo chiunque sappia, a non temere di collaborare con la giustizia, offrendo - magari- agli inquirenti elementi che possono risultare utili alle indagini.
Chi tace è con loro.
Se tutto ciò è accaduti, è grazie ai troppi silenzi.

Siamo tutti responsabili.

Libera Presidio Casoria -Afragola

Quando la chiesa non tace!!!!





Quando la chiesa non tace!!!!

Al festival "Trame" le storie dei preti impegnati per la legalità in Calabria


di Michela Mancini

Tre sacerdoti, don Pino De Masi, don Vittorio Dattilo e don Peppino Gambardella, tre storie diverse, una sola resistenza: contro la 'ndrangheta.   Al festival "Trame" queste testimonianze hanno raccontato di una "Chiesa che non tace contro la mafia". Le parole di don Pino suonano nette, più forti di ogni campana: «Bisogna che i calabresi si riapproprino della loro dignità. Perché di dignità si tratta: dobbiamo camminare a testa alta e con la schiena dritta. È cambiata la chiesa ed è cambiata la 'ndrangheta. La prima ha percepito che la seconda è una struttura di peccato, e in questo senso sta cercando di agire. Il cammino è lento perché la chiesa non è solo popolo di Dio ma anche istituzione.  Io credo nel lavoro silenzioso di tanti sacerdoti. A livello teorico è ormai scontato che mafia e vangelo sono sue parole che non possono stare insieme. Ma concretamente c’è tanto da fare, sono concetti teorici che vanno vissuti.  Ormai non c’è più opposizione tra vangelo e Costituzione: bisognerebbe camminare con il vangelo in una tasca e con la costituzione e il quotidiano nell'altra».

Quel che alcuni sacerdoti riescono a fare in alcune realtà è un miracolo: riescono con tenacia a sottrarre i cittadini – i più giovani in particolare – al controllo mafioso, sia attraverso progetti educativi sia tramite momenti di aggregazione. L’esperienza riportata da don Peppino, che opera a Pomigliano D’Arco, è esemplare:  la parrocchia ha creato per i suoi ragazzi un percorso suddiviso in vari step. Il primo, chiamato “se la paura fa 90, la dignità fa 180”, parte dal riconoscimento della Camorra come “dato” da osservare e comprendere. La mafia, spiega don Peppino, non è un film, appartiene anzi alla vita quotidiana ed è da questa che bisogna partire per riconoscerla. Il secondo step, “a camorra song io”, tenta di decodificare alcuni atteggiamenti camorristici che ci portiamo dentro senza esserne spesso consapevoli e lo fa attraverso dei disco forum: la musica degli A67 e i valori antimafia che trasmette aiutano i ragazzi a sentire la legalità come una cosa vicina. Negli step successivi si passa dagli incontri con poliziotti e magistrati che raccontano ai giovani la loro lotta quotidiana, agli itinerari nella città per scoprire quali sono gli esercizi commerciali che non pagano il pizzo. Consumo critico, coraggio della denuncia, fino ad approdare all’ultimo step: “Per amore del mio popolo non tacerò”, una manifestazione in nome di don Diana che si tiene il 19 marzo.

Don Vittorio, che ha invece lavorato nel territorio lametino, si è inventato qualcosa di straordinario. Dopo aver riflettuto sul valore simbolico che il “santino” ha per la mafia, nel 1991 poco dopo l’omicidio di due netturbini, Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, uccisi a Lamezia Terme mentre facevano il proprio lavoro, Don Vittorio decide di creare dei nuovi santini. Il sacerdote sostituisce l’immagine commerciale di santa Lucia con un’icona diversa, non conosciuta quanto la precedente. Dietro il nuovo santino viene cambiato anche il testo, i riferimenti ai fatti accaduti sono evidenti:

“Soltanto pensando all’arraffare, con cui ci procuriamo tanti beni 
e al sangue che ci costa smaltirli sotto forma di rifiuti,  sento la violenza della città su di me [...]”

Nel 1991 questo sacerdote ha preso i versi del profeta Isaia per ricordare ai lametini il sangue che era stato versato per le strade della loro città: Isaia parla di piombo riferendosi alle scorie, quel che è di peso all’essere umano, ma per Don Vittorio il riferimento al piombo è un altro, chi avrebbe dovuto capire, avrà certamente compreso.

Il lavoro silenzioso di certi sacerdoti è quanto mai necessario per ricordare, come ha sottolineato don Vittorio che «il piccolo favore e la grande mafia hanno la stessa radice culturale», è combattendo il piccolo favore che si può sconfiggere la grande mafia.

Fonte  Liberainforrmazione.it  


Il riutilizzo sociali dei beni confiscati alla luce del nuovo codice antimafiaProblemi e prospettive territoriali






 


 Il riutilizzo sociali dei beni confiscati alla luce del nuovo codice antimafia.
                    Problemi e prospettive territoriali
  

dalla Redazione di Libera 

presidio Territoriale Afragola - Casoria

In una realtà  spesso dimenticata dalle istituzioni, aggredita dagli interessi criminali, e da un' allarmante  passività sociale; un dibattito pubblico  rappresenta sempre una boccata d'ossigeno  per la democrazia. Quello tenuto lo scorso 12 aprile, 2012, ad Afragola  è stato un incontro particolarmente  formativo per la nostra cittadinanza , un dialogo - organizzato dall'associazione Libera-  con diverse figure, della  magistratura, del terzo settore , dell'associazionismo  - per discutere insieme  su   "il riutilizzo sociale dei beni alla luce del nuovo codice antimafia" . Come è possibile trasformare in modo tangibile il territorio, ridando alla cittadinanza quei beni che appartenevano a cosche mafiose? Questo era l'interrogativo al centro del dibattito.
Don Tonino Palmese, referente Regione Campaniadell'associazione Libera,  ha subito sottolineato l'importanza del tema  in questione "Abbiamo vinto, perché innanzitutto siamo qui".   Esserci,   riuscire  cioè a  discutere e declinare insieme  le diverse sfumature  di un problema è già il primo passo di vittoria contro il silenzio omertoso delle mafie.
Il giornalista Marco Di Caterino, in veste di moderatore, ha puntualizzato come proprio sul territorio afragolese, dove  ci sono  clan camorristici tra i più potenti della geografia  criminale campana, la pericolosità  consiste proprio nel consenso che  riescono ad ottenere sulla popolazione, oltre che dal loro effettivo potere di infiltrazione.
E proprio su questo discorso si è agganciatoilMagistrato della DDA Marco Del Gaudio, sottolineando come il problema non è  quello di dare informazioni, di spiegare alla cittadinanza i successi della magistratura, che ci sono stati; ma il vero punto è quello di scardinare quel consenso e quel muro di omertà mafioso, e iniziale un percorso collaborativo con una cittadinanza che deve essere attiva e responsabile rispetto al fenomeno camorristico. Loro sono organizzati, noi non sempre.
Poi, per dare un più ampio respiro al discorso, partendo da un punto giuridico e tecnico,  è intervenuto Davide Pati,dirigenza nazionale sui beni confiscati.
  figura di spessore all'interno dell'associazione Libera.
Discorso mirato a spiegare il percorso, spesso difficoltoso e tortuoso, che porta all'utilizzazione sociale di un bene confiscato alla mafia.
Dopo essere intervenuto il vicesindaco di Afragola, assicurando che l'amministrazione si sarebbe impegnata a collaborare attivamente  con l'associazione, ha risposto Geppino Fiorenza, referente regionale di Libera Regione Campania;marcando invece  gli screzi, e le rotture che si erano venuto a creare tra Libera e l'amministrazione comunale.
Infine Maria Saccardo, la referente del presidio Libera Afragola-Casoria,  dopo aver ringraziato  i diversi rappresentanti delle forze dell'ordine, delle scuole o di altre istituzione intervenute; ha   illustrato il lavoro di denuncia dello  stato di abbandono dei beni presenti sui comuni di Afragola e Casoria -   testimoniato con  foto e con mappe  che scorrevano sugli schermi mentre proseguivano i diversi interventi. Una mappatura completa dello stato di abbonando dei beni confiscati alla mafia, realizzata sul territorio e mostrata alla cittadinanza, è la dimostrazione lampante di decenni di malgoverno, e di potere di infiltrazione delle mafie.  Lo stato di abbandono è allarmante e la gestione è pessima.
Libera, una parola così semplice, un'idea, è riuscita a trasformarsi in un insieme di associazioni, in un contenitore che man mano cresce e trasforma concretamente il territorio aumentando la partecipazione civica, formando una coscienza responsabile sui fenomeni mafiosi. In poco tempo, da semplice idea, Libera è divenuta un  un polmone di legalità su territori incancreniti dalla camorra; e  come un treno trasforma positivamente il senso di responsabilità civico.
Riuscire a ridare alla cittadinanza, quello che ci hanno tolto i mafiosi, è il segno più evidente di questa rivoluzione democratica.


GUARDA LE FOTO

Fonte:liberaafragolacasoria.com 12 Aprile 2012

Incrementare la lotta all’evasione fiscale Risultati ancora insufficienti. Serve una tassazione più equa





Incrementare la lotta all’evasione fiscale


Risultati ancora insufficienti. 

Serve una tassazione più equa


di Rocco Artifoni

Quasi 400 miliardi di euro di ricavi non dichiarati e circa 180 miliardi di euro di imposte non pagate: sono queste le ultime stime relative all’evasione fiscale italiana in un anno. Nel 2011 le maggiori entrate accertate sono state di 30 miliardi di euro e i soldi recuperati hanno raggiunto la cifra record di 12,7 miliardi di euro (nel 2010 erano stati 11 miliardi di euro). In altre parole le Istituzioni preposte (in particolare Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza) stanno incrementando i controlli e ottenendo risultati migliori del passato, ma non riescono ad arrivare nemmeno al 10% del fenomeno reale.

I dati relativi ai primi 5 mesi del 2012 confermano questa situazione: la Guardia di Finanza ha sequestrato e confiscato beni per oltre 3, 3 miliardi di euro alla criminalità economica ed organizzata. I più colpiti dai rilievi della polizia fiscale sono gli evasori fiscali: sono stati infatti sequestrati beni per un miliardo di euro a 1.781 soggetti controllati e sono state emesse denunce per 464 responsabili di "frodi carosello" che avevano evaso l’ IVA per 204 milioni di euro.  Sempre nel corso dei primi cinque mesi del 2012, la Guardia di Finanza ha anche impedito il trasferimento all'estero di denaro contante per 445 milioni di euro; scoperto 13mila lavoratori "in nero"; bloccato sprechi di denaro pubblico per 500 milioni di euro; denunciato 1.681 truffatori, tra falsi invalidi e falsi poveri; eseguito 194.000 controlli, in tutto il territorio nazionale, sulla corretta emissione degli scontrini e ricevute, riscontrando irregolarità nel 32% dei casi; sequestrato 44 milioni di prodotti contraffatti e 11 tonnellate di droga.

Il presidente del consiglio dei ministri Mario Monti presente alla festa per l’anniversario di fondazione della Guardia di Finanza il 21 giugno ha dichiarato: "La lotta all'evasione fiscale è una priorità assoluta per il nostro Governo, perché erode la legalità e mina il patto con i cittadini". In un momento di crisi in cui l'Italia è sotto osservazione le dimensioni e la gravità dell'evasione fiscale "costituiscono un vulnus gravissimo" per il Paese, ha detto Monti sottolineando che il sommerso si attesta tra il 16,3 e il 17,5% del Pil: "quasi un quinto della ricchezza del paese". Secondo Monti "la legalità è la miglior polizza di assicurazione per il futuro degli italiani: saremo intransigenti con i più forti e comprensivi con i più deboli e avremo la capacità di saper distinguere i primi dai secondi”.

Recentemente su Il Sole 24 Ore in prima pagina è stato pubblicato un intervento di Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, che ha scritto: “l'evasione fiscale è una forma di furto al bene di tutti, una colpa morale frutto di egoismo e di avidità, una negazione di quell'esigenza di solidarietà verso gli altri, specie i più deboli, che deve regolare la società e l'impegno dei singoli”. Il Vescovo Forte non si è limitato a “denunciare” gli evasori, ma ha richiamato la classe politica ad una più equa azione fiscale: “chiedere a tutti lo stesso prezzo secondo un apparente criterio di giusta ripartizione, è in realtà somma ingiustizia (è quello che avviene di fatto col rialzo dell'Iva, che finisce col colpire diffusamente tutti e specialmente chi meno ha e può dare!)”. Secondo Bruno Forte è necessario “domandare di più specialmente a chi dispone di grandi risorse e gode di un'ampia gamma di beni superflui o non strettamente necessari. Come affermava Giuseppe Toniolo, l'economista cattolico beatificato lo scorso 29 aprile: «Chi più può, più deve; chi meno può, più riceva».”

Il vescovo di Chieti-Vasto ha concluso il suo autorevole intervento con la consapevolezza che solo l’etica può salvare un’economia senza punti di riferimento: “il sussulto morale più volte richiesto appare più che mai urgenza indilazionabile, disattendendo alla quale si compromette l'avvenire di tutti”.  Se teniamo conto che il debito pubblico italiano alla fine di aprile 2012 ha raggiunto il record assoluto di 1.948 miliardi di euro (con un aumento di oltre 50 miliardi di euro nei primi 4 mesi del 2012), dobbiamo riconoscere che si tratta di parole “sante”: questa classe politica sarà capace di ascoltarle e di agire di conseguenza?

Fonte Liberainformazione.it