"Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo"

Paolo Borsellino

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

Il Paese Strozzato





Il Paese Strozzato


In tempi di crisi, c'è chi da tempo ha capito come fare tanti soldi con i soldi. E' usura di mafia, quella gestita dalla criminalità organizzata. Sono ben 55 i clan mafiosi che negli ultimi ventiquattro mesi compaiono nelle Relazioni Antimafia, nell' inchieste e nelle cronache giudiziarie che riguardano i reati associativi con metodo mafioso finalizzati all'usura. E' presente "il "gotha" delle mafie: dai Casalesi al clan D'Alessandro, dai Cordì ai Casamonica, dai Cosco alla 'ndrina dei De Stefano, dal clan Terracciano ai Fasciani, dai Mancuso ai Parisi, dai Mangialupi al clan della Stidda. E con tassi usurai che cambiano di regione in regione. In Puglia, per esempio, i clan hanno raggiunto i 240% di tassi annui; in Calabria, nel vibonese, i clan hanno un tariffario pari al 257% annuo, nel cosentino e nella locride si scende a 200%. Nelle metropoli si registra il record a Roma con tassi anche vicino al 1500% annui, che scendono però a 400% a Firenze, e a 150% a Milano. I tassi sono altalenanti anche nelle province. I clan nel nord est padovano chiedono fino a 180% annuo, nel modenese tra il 120 ed il 150%, mentre ad Aprilia, nel basso Lazio, si è raggiunta la cifra record di 1075% di tasso annuo. Numeri, clan, storie, affari che sono alcune istantanee del dossier di Libera intitolato "L'usura, il BOT delle mafie", fotografia di un paese strozzato, prendendo in prestito questa immagine dal PM Vincenzo Luberto che la usò all'indomani dell'operazione STAR PRICE 2 - nella quale, secondo l'accusa, diverse somme di denaro frutto dei proventi dell'usura sarebbero state utilizzate per finanziare alcune attività commerciali. Un "bot" quello delle mafie che è sempre più "delocalizzato", rispondendo alla natura strategica di questo affare quando è gestito dalla criminalità organizzata: permette ai clan di entrare silenziosamente in territori vergini dal punto di vista dell'aggressione mafiosa e nello stesso tempo permette di far confluire nell'economia pulita fiumi di soldi sporchi, da dover riciclare. Ecco che i casalesi fanno affari in Veneto ed in Toscana, la 'Ndrangheta occupa le regioni del Nord Italia - Lombardia, Piemonte ed Emilia -, mentre Cosa nostra rimane legata al suo territorio di origine. Un usura, quella gestita dalle mafie, che si mostra stabile nelle grandi metropoli, e che negli ultimi anni penetra velocemente ed in silenzio nelle ricche città di provincia.

Che siamo davanti ad un fenomeno mafioso di entità preoccupante lo dimostrano anche i dati provenienti dalle informazioni Uif della Banca d'Italia su segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio : solo secondo i riferimenti della Guardia di Finanza, a fronte delle oltre 18.000 segnalazioni per le quali nel periodo 2010-2011 si è completato l'approfondimento investigativo, 8.365 (circa il 46 %) sono confluite in procedimenti penali aperti presso varie Procure per riciclaggio e reimpiego di proventi criminali, usura, abusivismo finanziario.

Cifre che ci parlano di soldi, tantissimi soldi e di un giro di affari talmente enorme che quantificarlo con esattezza è impresa pressoché impossibile, anche perché ciò di cui si parla è solo la punta di un iceberg; è solo quello che si riesce ad intravedere attraverso le denunce e le successive inchieste giudiziarie. Dal dossier di Libera è chiaro che con i soldi e per i soldi le mafie non conoscono confini geografici, anzi, è soprattutto a causa dell'usura che non esiste più nessun pezzo del nostro Paese che si possa davvero considerare immune dalla presenza mafiosa. I clan hanno fatto di questa attività un ramo fondamentale della loro impresa, avendo la possibilità di riciclare gli immensi proventi del traffico di droga o del giro delle scommesse, e in tal modo penetrando a fondo nel tessuto dell'economia legale. Dalle inchieste, dalle relazioni antimafia si rileva come l'attività usuraria si connetta agli altri reati della consorteria, confermando come l'usura sia uno dei metodi più invasivi attraverso i quali le organizzazioni criminali riescono a penetrare i gangli vitali della società civile, soffocando il libero mercato e condizionando il sistema economico del paese.

Nel mirino aziende redditizie e attività commerciali floride che in tempo di crisi - anche quelli meglio strutturati - hanno la necessità urgente di accedere a crediti per non perdere commesse e di conseguenza essere tagliati fuori dal mercato. In questi casi solo l'usuraio mafioso può essere in grado di movimentare e rendere disponibili ingenti somme di denaro in breve tempo. E con i soldi, accompagnati da una costante violenza psicologica ma anche fisica, il passo successivo è inevitabile: il prestito ad usura, che da un lato permette al titolare dell'azienda di salvarla (questo è ciò che crede), dall'altro il clan si impossessa di fatto di quell'azienda e di quell'attività economica trasformandola in una propria lavanderia. Con rischi vicini allo zero, perché l'usura, e a maggior ragione quella mafiosa, è un reato che non si denuncia. È un reato che si basa spesso sulla mancata percezione della vittima di essere stritolato in un affare illecito si basa sull'omertà, e su un rapporto vittima-usuraio mafioso che segue la dipendenza psicologica, quasi fisica.

Dalle storie sull'usura mafiosa presenti nel dossier di Libera è possibile stilare una sorta di "galateo" dell'usuraio: gentili minacce, violente promesse di morte, ritorsioni su membri della famiglia, in alcuni casi anche "usurai gentiluomini". Non ti permettere più di riattaccarmi il telefono in faccia perché dove ti trovo, ti spacco la testa con la mazza, hai capito?". Minacce emergono dalle intercettazioni telefoniche dell'Operazione "Diamante" con cui il Gico della Guardia di finanza di Firenze ha arrestato cinque persone, due campani legati al clan Bidognetti dei Casalesi, e tre toscani, con le accuse di usura e estorsione. Usuraio e gentiluomo «Ancora pensi che io vengo a casa tua, non mi faccio vedere né da tua figlia né da tua moglie, io voglio l'uomo, non sono come quei luridi strozzini». C'è anche questo nel "galateo" del perfetto usuraio. Le minacce erano destinate solo al debitore. Fuori le donne e fuori la famiglia. Perché gli usurai del clan Mercante Diomede erano «persone oneste e ragionevoli».

E nel galateo c'è anche chi fa un corso accelerato per usurai. I consigli arrivano da Mario Potenza, ex contrabbandiere degli anni di Zaza-Mazzarella. Dopo l'arresto dei figli Bruno e Salvatore, che prima lo aiutavano nel "recupero crediti", Potenza si trova a dover rimpiazzarli. Si rivolge cosìa un vicino di casa, Raffaele Terminiello, anch'egli arrestato nell'ambito dell'inchiesta della Direzione Investigativa Antimafia del gennaio 2012. A lui fa addirittura delle lezioni, una sorta di corso acceertato per usurai: gli spiega come terrorizzare le vittime, incitandolo a non mostrare per loro alcuna pietà. "Acchiappalo per i capelli come ti dico io! Piglialo malamente a questa latrina. Digli: ha detto lo zio (lo stesso Potenza, ndr) che stanno ridendo sopra i morti... digli che se viene lo zio vi schiatta la faccia!". E ancora: "ha detto il nonno, ha detto lo zio: se si scoccia si fa 4 anni di carcere, per se viene lì ti salta addosso".

In conclusione - denuncia Libera - se a gestire l'usura sono i clan, allora cambia tutto; ogni cosa si amplifica e diventa tutto più difficile: con loro l'usura non cammina mai da sola, è sempre crocevia di mille altri affari sporchi, non ultimi il riciclaggio e le scommesse. Con le mafie i soldi scorrono in mille rivoli tra finanziarie, prestanomi e società similari, e più i soldi camminano e più diventa difficile individuarli. Con le mafie non è solo questione di aggressione alla piccola economia familiare, ma è un'intera economia che viene dopata, con ricadute facilmente immaginabili - nell'era della globalizzazione - sui sistemi produttivi, sui mercati, sulla finanza. Con le mafie hanno vita dura anche gli strozzini, quelli che hanno sempre agito in proprio, e anche le loro vittime: i primi, perché in tempi di crisi non disponendo anch'essi di liquidità, sono costretti a rivolgersi agli unici che danno soldi, tanti e subito, i clan; i secondi perché sono costretti a pagare interessi che comprendono anche quelli che i loro carnefici devono pagare al clan finanziatore. Con le mafie, infine, aumenta l'omertà, perché se comunemente non si denuncia per vergogna, con loro non si denuncia per paura, e perché dinanzi alle scarcerazioni dei carnefici una cosa è incontrare per strada, il giorno dopo, il classico cravattaro, e una cosa è incontrare l'affiliato del clan.
Durante la conferenza stampa è stata presentata la Fondazione nazionale Antiusura "Interesse Uomo", che fino ad ora aveva operato in provincia di Potenza. Una collaborazione proficua e consolidata con le istituzioni, e un percorso di lavoro da tempo condiviso con "Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", ha fatto sì che alla Fondazione di Potenza giungessero, negli ultimi anni, numerose richieste di sostegno da diverse zone d'Italia. Domande di aiuto che la Fondazione ha inteso accogliere riuscendo, dopo un percorso di circa due anni, ad estendere il suo raggio d'azione oltre i confini lucani. Grazie al rinnovato impegno della Provincia di Potenza, del Cestrim (Centro Studi e Ricerche sulle realtà meridionali), dell' Anci Basilicata e di altri compagni di strada come Libera, Banca Popolare Etica e Comune di Potenza, la Fondazione Antiusura di Potenza lavorerà, come braccio operativo di Libera, sull'intero territorio nazionale al fine di facilitare l'accesso al credito bancario ed agli intermediatori finanziari - anche attraverso la prestazione di idonee garanzie - a privati cittadini e operatori economici che incontrano difficoltà di accesso al credito e che sono quindi potenziali vittime del fenomeno dell'usura, assistere e sostenere attraverso un supporto di consulenza giuridica, legale oltre che psicologica, i soggetti sopra individuati ma anche quanti già in mano agli usurai chiedono di essere aiutati; sviluppare un'azione di contrasto della pratica usuraria attraverso l'invito alle vittime di usura di denunciare i propri usurai.

Fonte: Libera.it 29 Ottobre 2012

Addobbiamo l'albero della positività




EVENTO




Addobbiamo l'albero della positività



Domenica 25 Novembre, presso la fattoria  


"Addobbiamo l'albero della positività"
Un'occasione per attendere il Natale insieme a noi ed insieme a tutti voi!
Addobberemo la fattoria con i bambini, caldarroste e vino allieteranno e intratterranno i più grandi.

Vi aspettiamo in tanti.

L'evento è solo su prenotazione.




Contatti:

Giuliano 329.0555632 - Fabio 349.1068552 - 
Valeria 349.6177688

Contatto Facebook


La cooperativa Sociale 
“Un fiore per la vita” 
e

 la Cooperativa 
“Il Millepiedi” 
hanno realizzato la Fattoria Sociale 

“Fuori di zucca”

ENTRAMBE LE COOPERATIVE SONO DUE DELLE DIVERSE REALTA' CHE COMPONGONO  
 IL PRESIDIO TERRITORIALE DI 
LIBERA AFRAGOLA - CASORIA



DUE APPUNTAMENTI IMPORTANTI PRESSO LA PARROCCHIA “ SAN PAOLO APOSTOLO” AL PARCO VERDE IN CAIVANO.



ATTENZIONE!


DUE APPUNTAMENTI IMPORTANTI PRESSO LA PARROCCHIA “ SAN PAOLO APOSTOLO” AL PARCO VERDE IN CAIVANO.


1) DOMENICA 18 NOVEMBRE, ALLE ORE 18.00 SANTA MESSA PER TUTTI I MORTI DI CANCRO E DI LEUCEMIA. A SEGUIRE, FIACCOLATA PER LE VIE DI CAIVANO CON LE FOTOGRAFIE DEI NOSTRI CARI CHE HANNO PAGATO CON LA VITA LO SCEMPIO DELLE LORO TERRE.


SECONDO APPUNTAMENTO


2)  SABATO 24 NOVEMBRE, ALLE ORE 20.00 CONVEGNO “ TERRA DEI FUMI E DEI VELENI: LO STATO COSA FA?” CON IL DOTTOR DONATO CEGLIE ( PROCURATORE GENERALE TRIBUNALE DI NAPOLI ), DOTTOR STEFANO MASINI ( RESPONSABILE NAZIONALE COLDIRETTI “ LEGALITA’ E AMBIENTE” ), DOTTOR ENRICO FONTANA ( RESPONSABILE NAZIONALE LEGAMBIENTE). MODERA IL GIORNALISTA DI AVVENIRE TONY MIRA. PASSATE LA PAROLA A TUTTI COLORO CHE HANNO A CUORE IL RISCATTO DELLE NOSTRE TERRE.




DALLA VOCE DI CHI NON HA VOCE


Foto di Angelo Capasso

 DALLA VOCE DI CHI NON HA VOCE 

“Non bisogna contrastare la camorra  solo con le forze dell’ordine, ma  dobbiamo soprattutto contrastare un pensiero camorristico che ci appartiene ed è parte della nostra cultura”  Don  Maurizio Patriciello, 



Dalla Redazione di Libera Presidio Territoriale AFRAGOLA - CASORIA

Se la parola preferita dalla criminalità  è quella non detta, negata da   silenzi  corresponsabili e compiacenti,  partoriti  proprio da   quel “pensiero camorristico” che è parte  integrante della nostra sotto cultura ; allora, il primo passo da compiere ,  per contrastare questa metastasi, è rompere questa distanza, e costruire  un dialogo  di legalità su più fronti  con la parte civile : questa è la sintesi dell’incontro, di  Mercoledì 7 Novembre a Casoria,  organizzato dal Presidio Territoriale di Libera Afragola - Casoria  e dall’associazione Libero Pensiero di Casoria ,  nella chiesa di S. Mauro,  gremita di cittadini sensibilizzati dall’argomento.


Un dialogo che non si è  esaurito  nel confronto avuto  ad un medesimo tavolo pubblico , dove  si è cercato, nello spazio di poche ore,  di accordare  e unificare  su un fronte unitario, le esperienze  delle diverse forze impegnate sul campo, tra associazionismo, forze dell’ordine, istituzioni, e parrocchie.
 Ma, un dialogo che - per essere autentico-  è stato declinato a partire dalla voce di chi non ha voce; dalla prospettiva di chi ha subito quella violenza criminale, e ha potuto in prima persona testimoniare quel dolore dimenticato anche dalle istituzioni preposte.

Un video, a metà  incontro,  ha proiettato, alla platea,  le diverse storie dei parenti delle vittime , registrando con le  loro testimonianze, il volto  reale della disumanità che si consuma quotidianamente nell’indifferenza di troppi .  Così, Stefano Ciaramella, Antonio CoppolaGerardo Citarella, Pino Lotta e Andrea Nollino, attraverso le parole dei loro cari, da nomi  astratti, ricordati solo di sfuggita da qualche giornalista, sono diventati un volto,   un corpo , un’anima:  e solo  da quest’angolatura- quelle scomparse-  sono   stata lette come la scomparsa di vite vissute , di un mondo fatto di relazioni simile alle nostre , che a causa di mani bastarde sono stato spezzate irreversibilmente .  

 Solo quella parole di dolore, colmano quella distanza che, ci siamo da troppo tempo, creati per auto assolverci e deresponsabilizzarci, illudendoci che queste storie sono altro da noi,  diversa dal nostro mondo quotidiano, distanti. Lacrime di sofferenza colmano quella distanza, coinvolgono la platea, mostrando  ,come quella violenza è drammaticamente vicina, alla nostra realtà, al nostro mondo. Ci riguarda.
L’assessore comunale, la Prof.ssa Luisa Marro, ha sottolineato come questo tipo di incontri  sono importanti per la salute della cittadinanza, difendendosi da quanti criticavano le troppe assenze delle istituzioni, e da quanti considerano questi eventi come “chiacchiere inutili”,  mostrando invece la parte   “costruttiva” e sinergica di questo tipo di eventi. Lo stesso sindaco Vincenzo Carfora, sulla stessa lunghezza d’onda ha più volte  promesso una vicinanza istituzionale, facendosi portavoce dei problemi, e chiedendo 
alle forze dell’ordine- presenti- un maggiore controllo.

In effetti spesso da parte della popolazione,  sorgono spontanee lamentele sulla distanza che rappresentanti istituzionali hanno con esigenze della popolazione. L’Avv.to Giuseppe Storti , che ha moderato l’incontro, ha introdotto il discorso di  Don Patriciello, presentandolo  come “testimone di verità”, affermando come  i valori evangelici, anche visti da una prospettiva laica,  restano una chiave   attuale per interpretare l’antimafia nei nostri territori, e per costruire anche un senso civico,  come  ha già dimostrato ampliamente il parroco di casa, Don mauro Zurro .

 Il discorso di Don Patriciello è stato un vibrante appello al senso civico, che non si è limitato nell’atteggiamento passivo del ricordo, ma che è ha attivamente invitato la comunità intera alla ricerca della verità , “non c’è destra e sinistra su queste questioni” “c’è  solo un popolo che chiede verità”. Una verità spesso seppellita dalle menzogne criminali, corresponsabili al disastro ambientale, altra piaga che colpisce  come una peste le nostre realtà, inquinate  anche nell’aria che respiriamo. Don Patriciello, ha raccontando il suo incontro, avuto insieme ai vari comitati territoriali, col ministro Cancellieri , “stiamo pagando le colpe di vent’anni di malgoverno”.  Ha condiviso con noi,  lo stupore  che ha espresso il ministro , quando ha visto la documentazione che fotografava la situazione delle nostre terre,  aggiungendo  sbalorditama mi hanno detto che era stata risolta”. Altra menzogna che è stata divulgata ai vertici istituzionali, per seppellire responsabilità criminali. Spesso le istituzioni locali sono sorde, ha aggiunto lo stesso  Don Patriciello, citando a mo’ di esempio, la  vicenda col prefetto che negli ultimi giorni l’ha visto protagonista mediaticamente:   “quell’inspiegabile atteggiamento, non è dovuto a  motivi  linguistici , ma perché evidentemente dava fastidio quel discorso sui rifiuti tossici provenienti dal nord Italia, e  sversati  da queste parti” . Le istituzioni debbono aprirsi e dialogare con le esigenze della cittadinanza. In conclusione dell’incontro , Geppino Fiorenza, referente di Libera Campania, ha puntualizzato che questo tipo di discussioni non  debbono assumere una  forma retorica, e  dimensione formale; ma che quelle parole possano tradursi  concretamente in azioni e diritti.  
Dopo questa discussione a  più voci , il percorso di legalità si è concluso , con un corteo che dalla basilica di San Mauro , è arrivato in villa comunale , dove è stato piantato una targa in memoria delle vittime innocenti della criminalità . Un gesto che è qualcosa di più di un simbolo, un significato che non è solo retorica, ma che è teso a trasformare le coscienze, e cambiare quel pensiero camorristica che corrompe la mentalità di parte della società civile,  anche di  quella parte che  non è direttamente affiliata a dinamiche criminali , come ha  ben argomentato Don Patriciello nel suo intervento. Se c’è una chiave di salvezza in quest’inferno, allora è offerta proprio da quella parte onesta, che  ricorda per resistere e colora il mondo di bellezza, come ricorda l’incisione della lapide : 

 “I malvagi tingono di nero la vita, 
gli onesti la colorano di bellezza







 Fonte: Redazione Libera Presidio Territoriale Afragola - Casoria




"La bara bianca di Filippo appartiene a tutti noi"



"La bara bianca di Filippo 
appartiene a tutti noi"

di Angela Varì 

Quella bara bianca ci appartiene, quella bara in cui c'è Filippo e la sua vita spezzata. Lo acclama Soriano, chiuso in quella cassa  portata  come una croce a spalla da giovani come lui, il giorno del suo funerale. Sul feretro,  coperto da una bandiera della Juventus, c'è una fotografia: è Filippo che sorride ancora. E c'è Filippo nello sguardo vuoto di sua madre, perso lontano  nel tempo...nelle  mille parole, dette senza fiato, di seguito per non fermarsi a pensare, di suo padre il giorno prima. E nei sorrisi accesi di lacrime delle sorelle che lo stringono nei loro ricordi. Nel dolore dei familiari, tutti.

Che mondo è un mondo in cui un ragazzo di soli 19 anni viene trucidato innocente, così, per "caso"? E  che  Paese è quello in cui non ci si sorprende del male, dove il male che riguarda il Sud è l'ovvietà che passa sotto silenzio? Nessuna notizia nei  TG nazionali, nessuna parola spesa dai molti politici latitanti, "distratti". Che valore ha la vita di un ragazzo di soli 19 anni? O, forse, è  "normale" che accada nel meridione d'Italia? Nascere in Calabria, a Soriano e  morire tornando a casa, dopo essere stati dalla propria fidanzata, non è normale, non è naturale.
Filippo era un lavoratore e veniva da una famiglia per bene come molte altre che vivono in questa terra e che non cedono all'illegalità. Questa morte è un sacrificio insostenibile, abbiamo il dovere di non renderlo vano. Abbiamo il dovere di non pensare più che fin tanto che ci si ammazza tra bande rivali la cosa non ci riguarda: è l'indifferenza che nutre il potere criminale. Perché non ci sia mai più  un altro "Filippo".


E' un tempo che non dovrebbe accadere mai quello del sopravvivere ai propri figli, ma succede e, mentre si può trovare una "ragione" ad una malattia, ad un incidente col tempo, ci sono  ferite, invece,  che portano con sé mille domande senza risposta fino alla fine dei giorni, di giorni come  notti buie del cuore. A noi è concesso solo di immaginare ed immedesimarci sfiorando il dolore della famiglia Ceravolo, mai potremo capire a fondo quanto sia dilaniante ed eterno. Ma c'è qualcosa che noi possiamo e dobbiamo fare: condannare chi agisce nell'illegalità, cominciando a strappare le piante marce, smettendo di dar loro da "bere" i nostri volti e i nostri sguardi . Insegniamo ai nostri figli la gioia del sacrificio e l'umiltà della  dignità. Insegnamo che il valore è in loro, non nelle cose. Insegniamo che il denaro "non" è facile! Che c'è sempre una strada migliore ed onesta percorribile, forse più faticosa, ma leggera nel cuore. Perché nessun giovane venga più reclutato dalle mafie.

Nei miei occhi chiusi, Filippo è la voce felice di sua madre che riecheggia ancora in un bel giardino, uno stereo e la musica. E' il rumore molesto di un motorino che scorazza per queste vie nei giorni di sole; è una mano tirata su a salutare con rispetto ed un sorriso buono appena accennato; è una divisa sportiva ed un pallone che corre sul campo di calcio.  E' la vita che gioca e sorride spensierata. E' la vita che vuole "andare" a mille all'ora…Di notte è  il motore di un furgone che passa alle quattro  diretto verso qualche mercato, una fiera o una festa patronale . E' lo stesso rumore che torna il pomeriggio, quando ogni casa ha finito di pranzare. E' la vita che cresce col sudore onesto. Soriano lo sa e si stringe attorno a questa famiglia ed al suo dolore, Soriano non è quell'arma che ha ucciso, Soriano è Filippo. Questo paese si indigna e dice "no" alle mafie e  sente  il dovere della memoria perché questa barbarie non si ripeta mai più, perché la morte si tramuti in vita.


Nel vuoto pieno di volti cari di questi giorni,  campeggiano nella casa dei Ceravolo delle  coppe sistemate  con devozione su un mobile, appartengono a Filippo e al suo papà. Parla, Martino,  di come si sia sentito strappare il cuore vedendo suo figlio riverso sull'asfalto, di come era corso verso di lui, ricevuta quell'orribile telefonata, perdendo il controllo dell'autovettura  ben tre volte .Correva contro il tempo, verso Pizzoni, temeva in cuor suo che non l'avrebbe riabbracciato vivo. Parla del bambino che era e dell'uomo che sognava di diventare, del vuoto che sente, della sua solitudine.  Martino ha perso un figlio, un amico, un compagno ed un fratello. Voleva comprare un nuovo camion per il lavoro appena ne avesse avuto la possibilità, Filippo, e regalare ai suoi genitori una crociera per il loro venticinquesimo anniversario di nozze. Trattiene le lacrime e ritorna ai suoi abbracci affettuosi. Racconta la sua gentilezza, di come accompagnava le signore alla macchina portando le buste della spesa; mi parla delle sue paure quando chiacchierando con qualche poliziotto o carabiniere che acquistava i loro prodotti, chiedeva se non avessero timore di portare un'arma ed effettuare operazioni pericolose. Concludeva sempre che lui non avrebbe mai avuto il coraggio di svolgere quel lavoro.

E parlano le sorelle, raccontano di un ragazzo che aveva paura dei  tuoni durante i temporali e  di restare solo in casa, ma al cognato, che gli raccomandava di non uscire di casa dopo gli ultimi omicidi avvenuti nel  nostro territorio, rispondeva: "Cosa vuoi che facciano a me?".  In una bella lettera la sorella Maria Teresa scrive: "Ricordo le marachelle che combinavi, mi fanno sorridere, come quella volta che hai litigato con me e con Simone e hai fatto finta di andartene via di casa ed invece, fifone com'eri, ti sei nascosto sotto il tuo letto e non vedevi l'ora che io mi alzassi per venir fuori perché non ce la facevi più". E la piccola Giusi, di appena otto anni: "Caro Filippo mio bello, io sono sempre con te anche se sei in cielo, io sarò sempre con te e ti parlerò e verrò sempre, ma proprio sempre a parlarti…Per me sarai sempre il miglior fratellino del mondo".Era ingenuo  e dolce, buono e generoso . La nonna materna ricorda che quando le comprava  qualcosa  cercava di non farlo pesare dicendo che gli era stato regalato da qualcuno.  
Martino  lo conosco da quando ero bambino, conosco lui e la sua famiglia. Sua madre ha allevato i suoi figli  insegnando loro il sacrificio del lavoro onesto. La signora Sina, così la chiamiamo, era la "signora bidella" del Liceo Scientifico. Rimasta vedova presto, era una donna forte. Teneva sempre il suo sguardo vigile sui ragazzi. Una presenza a cui riconoscevamo autorevolezza e rispetto. Mi racconta, di come negli ultimi anni del suo lavoro in quel Liceo si respirasse una società diversa, cambiata, "non sono più - dice - i tempi di un tempo…" ed orgogliosa celebra un suo cognato, oggi Professore, che all'epoca in cui studiava e si trovava a Soriano in vacanza , aiutava la famiglia. Ricorda la meraviglia delle persone nel vederlo lavorare e la dignità con cui lui aiutava i fratelli commercianti a sistemare i vasi destinati alle vendite. Non sono più i tempi di un tempo, è vero! Ma non è colpa dei giovani, riflettiamo…
Martino non trova la forza di ricominciare ora che il figlio non c'è più. Si alzava con lui ogni mattina alle 4.00; la sera prima lo aiutava a sistemare la roba sul camion per il giorno dopo, gli diceva che era meglio se ne occupasse lui, dal momento che  il padre stava diventando vecchio. Era instancabile, tornato a casa, aveva ancora la forza di giocare a calcio, la sua grande passione, ci metteva l'anima. Uno zio lo rammenta piccolo  organizzare le partite con i cugini, ricorda i litigi e l'impegno che ci metteva. "Ogni partita per lui era come la Champions", aggiunge il padre sorridendo.

E poi c'è Anna, la madre, il cui nome il ragazzo voleva tatuare sulla sua pelle. Nel suo sguardo perso nel tempo c'è un giorno sacro che è quello della vita che nasce e poi mille altri fatti di stelle sfavillanti nei suoi occhi, di carezze e premure, di vittorie e sconfitte, di notti insonni . L'amore verso il figlio è saldo nel profondo dell' essere e non vi è nulla su questa terra che possa esservi paragonato, nulla. La raggiungeva nel lettone, racconta, se c'era un temporale di notte; la costringeva a mettere la cintura di sicurezza in macchina anche se si sentiva soffocare, perché era prudente e senza cintura in macchina con lui non  si saliva; bussava piano la sera quando tornava dalla casa della ragazza con cui era fidanzato da quasi due anni per non svegliare il padre. Ad Ivana aveva comprato un regalo per il suo compleanno ed aveva deciso di darglielo giorni fa, stranamente aveva voluto che lo avesse prima…Buono e generoso nei ricordi di quanti lo hanno conosciuto, Filippo lascia un vuoto incolmabile e vola via, angelo tra gli angeli. Parli ancora la sua voce, come un'eco che risuona nei nostri cuori senza mai infrangersi.


Fonte:stopndrangheta.it  2 Novembre 2012