Il Paese Strozzato
In tempi di crisi, c'è chi da tempo ha capito come fare
tanti soldi con i soldi. E' usura di mafia, quella gestita dalla criminalità
organizzata. Sono ben 55 i clan mafiosi che negli ultimi ventiquattro mesi
compaiono nelle Relazioni Antimafia, nell' inchieste e nelle cronache
giudiziarie che riguardano i reati associativi con metodo mafioso finalizzati
all'usura. E' presente "il "gotha" delle mafie: dai Casalesi al
clan D'Alessandro, dai Cordì ai Casamonica, dai Cosco alla 'ndrina dei De
Stefano, dal clan Terracciano ai Fasciani, dai Mancuso ai Parisi, dai
Mangialupi al clan della Stidda. E con tassi usurai che cambiano di regione in
regione. In Puglia, per esempio, i clan hanno raggiunto i 240% di tassi annui;
in Calabria, nel vibonese, i clan hanno un tariffario pari al 257% annuo, nel
cosentino e nella locride si scende a 200%. Nelle metropoli si registra il
record a Roma con tassi anche vicino al 1500% annui, che scendono però a 400% a
Firenze, e a 150% a Milano. I tassi sono altalenanti anche nelle province. I
clan nel nord est padovano chiedono fino a 180% annuo, nel modenese tra il 120
ed il 150%, mentre ad Aprilia, nel basso Lazio, si è raggiunta la cifra record
di 1075% di tasso annuo. Numeri, clan, storie, affari che sono alcune
istantanee del dossier di Libera intitolato "L'usura, il BOT delle
mafie", fotografia di un paese strozzato, prendendo in prestito questa
immagine dal PM Vincenzo Luberto che la usò all'indomani dell'operazione STAR
PRICE 2 - nella quale, secondo l'accusa, diverse somme di denaro frutto dei
proventi dell'usura sarebbero state utilizzate per finanziare alcune attività
commerciali. Un "bot" quello delle mafie che è sempre più
"delocalizzato", rispondendo alla natura strategica di questo affare
quando è gestito dalla criminalità organizzata: permette ai clan di entrare
silenziosamente in territori vergini dal punto di vista dell'aggressione
mafiosa e nello stesso tempo permette di far confluire nell'economia pulita
fiumi di soldi sporchi, da dover riciclare. Ecco che i casalesi fanno affari in
Veneto ed in Toscana, la 'Ndrangheta occupa le regioni del Nord Italia -
Lombardia, Piemonte ed Emilia -, mentre Cosa nostra rimane legata al suo
territorio di origine. Un usura, quella gestita dalle mafie, che si mostra
stabile nelle grandi metropoli, e che negli ultimi anni penetra velocemente ed
in silenzio nelle ricche città di provincia.
Che siamo davanti ad un fenomeno mafioso di entità
preoccupante lo dimostrano anche i dati provenienti dalle informazioni Uif
della Banca d'Italia su segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio :
solo secondo i riferimenti della Guardia di Finanza, a fronte delle oltre
18.000 segnalazioni per le quali nel periodo 2010-2011 si è completato
l'approfondimento investigativo, 8.365 (circa il 46 %) sono confluite in
procedimenti penali aperti presso varie Procure per riciclaggio e reimpiego di
proventi criminali, usura, abusivismo finanziario.
Cifre che ci parlano di soldi, tantissimi soldi e di un giro
di affari talmente enorme che quantificarlo con esattezza è impresa pressoché
impossibile, anche perché ciò di cui si parla è solo la punta di un iceberg; è
solo quello che si riesce ad intravedere attraverso le denunce e le successive
inchieste giudiziarie. Dal dossier di Libera è chiaro che con i soldi e per i
soldi le mafie non conoscono confini geografici, anzi, è soprattutto a causa
dell'usura che non esiste più nessun pezzo del nostro Paese che si possa
davvero considerare immune dalla presenza mafiosa. I clan hanno fatto di questa
attività un ramo fondamentale della loro impresa, avendo la possibilità di
riciclare gli immensi proventi del traffico di droga o del giro delle
scommesse, e in tal modo penetrando a fondo nel tessuto dell'economia legale.
Dalle inchieste, dalle relazioni antimafia si rileva come l'attività usuraria
si connetta agli altri reati della consorteria, confermando come l'usura sia
uno dei metodi più invasivi attraverso i quali le organizzazioni criminali riescono
a penetrare i gangli vitali della società civile, soffocando il libero mercato
e condizionando il sistema economico del paese.
Nel mirino aziende redditizie e attività commerciali floride
che in tempo di crisi - anche quelli meglio strutturati - hanno la necessità
urgente di accedere a crediti per non perdere commesse e di conseguenza essere
tagliati fuori dal mercato. In questi casi solo l'usuraio mafioso può essere in
grado di movimentare e rendere disponibili ingenti somme di denaro in breve tempo.
E con i soldi, accompagnati da una costante violenza psicologica ma anche
fisica, il passo successivo è inevitabile: il prestito ad usura, che da un lato
permette al titolare dell'azienda di salvarla (questo è ciò che crede),
dall'altro il clan si impossessa di fatto di quell'azienda e di quell'attività
economica trasformandola in una propria lavanderia. Con rischi vicini allo
zero, perché l'usura, e a maggior ragione quella mafiosa, è un reato che non si
denuncia. È un reato che si basa spesso sulla mancata percezione della vittima
di essere stritolato in un affare illecito si basa sull'omertà, e su un
rapporto vittima-usuraio mafioso che segue la dipendenza psicologica, quasi
fisica.
Dalle storie sull'usura mafiosa presenti nel dossier di
Libera è possibile stilare una sorta di "galateo" dell'usuraio:
gentili minacce, violente promesse di morte, ritorsioni su membri della
famiglia, in alcuni casi anche "usurai gentiluomini". Non ti
permettere più di riattaccarmi il telefono in faccia perché dove ti trovo, ti
spacco la testa con la mazza, hai capito?". Minacce emergono dalle
intercettazioni telefoniche dell'Operazione "Diamante" con cui il
Gico della Guardia di finanza di Firenze ha arrestato cinque persone, due
campani legati al clan Bidognetti dei Casalesi, e tre toscani, con le accuse di
usura e estorsione. Usuraio e gentiluomo «Ancora pensi che io vengo a casa tua,
non mi faccio vedere né da tua figlia né da tua moglie, io voglio l'uomo, non
sono come quei luridi strozzini». C'è anche questo nel "galateo" del
perfetto usuraio. Le minacce erano destinate solo al debitore. Fuori le donne e
fuori la famiglia. Perché gli usurai del clan Mercante Diomede erano «persone
oneste e ragionevoli».
E nel galateo c'è anche chi fa un corso accelerato per
usurai. I consigli arrivano da Mario Potenza, ex contrabbandiere degli anni di
Zaza-Mazzarella. Dopo l'arresto dei figli Bruno e Salvatore, che prima lo
aiutavano nel "recupero crediti", Potenza si trova a dover
rimpiazzarli. Si rivolge cosìa un vicino di casa, Raffaele Terminiello,
anch'egli arrestato nell'ambito dell'inchiesta della Direzione Investigativa
Antimafia del gennaio 2012. A lui fa addirittura delle lezioni, una sorta di
corso acceertato per usurai: gli spiega come terrorizzare le vittime,
incitandolo a non mostrare per loro alcuna pietà. "Acchiappalo per i
capelli come ti dico io! Piglialo malamente a questa latrina. Digli: ha detto
lo zio (lo stesso Potenza, ndr) che stanno ridendo sopra i morti... digli che
se viene lo zio vi schiatta la faccia!". E ancora: "ha detto il
nonno, ha detto lo zio: se si scoccia si fa 4 anni di carcere, per se viene lì
ti salta addosso".
In conclusione - denuncia Libera - se a gestire l'usura sono
i clan, allora cambia tutto; ogni cosa si amplifica e diventa tutto più difficile:
con loro l'usura non cammina mai da sola, è sempre crocevia di mille altri
affari sporchi, non ultimi il riciclaggio e le scommesse. Con le mafie i soldi
scorrono in mille rivoli tra finanziarie, prestanomi e società similari, e più
i soldi camminano e più diventa difficile individuarli. Con le mafie non è solo
questione di aggressione alla piccola economia familiare, ma è un'intera
economia che viene dopata, con ricadute facilmente immaginabili - nell'era
della globalizzazione - sui sistemi produttivi, sui mercati, sulla finanza. Con
le mafie hanno vita dura anche gli strozzini, quelli che hanno sempre agito in
proprio, e anche le loro vittime: i primi, perché in tempi di crisi non
disponendo anch'essi di liquidità, sono costretti a rivolgersi agli unici che
danno soldi, tanti e subito, i clan; i secondi perché sono costretti a pagare
interessi che comprendono anche quelli che i loro carnefici devono pagare al
clan finanziatore. Con le mafie, infine, aumenta l'omertà, perché se
comunemente non si denuncia per vergogna, con loro non si denuncia per paura, e
perché dinanzi alle scarcerazioni dei carnefici una cosa è incontrare per
strada, il giorno dopo, il classico cravattaro, e una cosa è incontrare
l'affiliato del clan.
Durante la conferenza stampa è stata presentata la
Fondazione nazionale Antiusura "Interesse Uomo", che fino ad ora
aveva operato in provincia di Potenza. Una collaborazione proficua e
consolidata con le istituzioni, e un percorso di lavoro da tempo condiviso con
"Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie", ha fatto sì
che alla Fondazione di Potenza giungessero, negli ultimi anni, numerose
richieste di sostegno da diverse zone d'Italia. Domande di aiuto che la
Fondazione ha inteso accogliere riuscendo, dopo un percorso di circa due anni,
ad estendere il suo raggio d'azione oltre i confini lucani. Grazie al rinnovato
impegno della Provincia di Potenza, del Cestrim (Centro Studi e Ricerche sulle
realtà meridionali), dell' Anci Basilicata e di altri compagni di strada come
Libera, Banca Popolare Etica e Comune di Potenza, la Fondazione Antiusura di
Potenza lavorerà, come braccio operativo di Libera, sull'intero territorio
nazionale al fine di facilitare l'accesso al credito bancario ed agli
intermediatori finanziari - anche attraverso la prestazione di idonee garanzie
- a privati cittadini e operatori economici che incontrano difficoltà di
accesso al credito e che sono quindi potenziali vittime del fenomeno
dell'usura, assistere e sostenere attraverso un supporto di consulenza giuridica,
legale oltre che psicologica, i soggetti sopra individuati ma anche quanti già
in mano agli usurai chiedono di essere aiutati; sviluppare un'azione di
contrasto della pratica usuraria attraverso l'invito alle vittime di usura di
denunciare i propri usurai.
Fonte: Libera.it 29 Ottobre 2012