Niente crisi nelle cooperative attive nelle terre confiscate
alla ’ndrangheta
di Elisa Latella
Potevano avere anche solo dodici anni, le più giovani tra le raccoglitrici di olive calabresi. Uscivano di casa all’alba e negli oliveti di Rizziconi, Gioia Tauro, Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, lavoravano anche tredici ore al giorno, pagate a cottimo, spesso proprio con l’olio. La storia della produzione dell’olio in Calabria, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, è la loro – tristissima- storia. Le cooperative attive nei terreni confiscati al crimine organizzato hanno provato poi a scriverne una diversa. La cooperativa Valle del Marro oggi coltiva ulivi di varietà “Ottobratica” e “Sinopolese”caratteristici della Piana di Gioia Tauro. L’olio extravergine di oliva “Castellanense”, prodotto tramite il metodo di raccolta e il sistema di estrazione a freddo, è di qualità eccellente.
Chiediamo ad Enzo Musolino, segretario della Federazione agroalimentare Cisl della provincia di Reggio Calabria quali sono stati i risultati raggiunti nelle cooperative “antimafia”, in particolare in quelle attive in Calabria nella produzione di olio. Secondo lui il primo e più importante risultato sta in un diverso modo di pensare, sta nella “consapevolezza che dall’oppressione mafiosa si può e si deve uscire”. Nelle cooperative “lo Stato assegna le terre confiscate al popolo, i lavoratori esercitano il diritto al lavoro legale, giustamente remunerato, e riconoscono il loro dovere di svolgere un ruolo attivo nella società”.
Un’economia agricola sana oggi produce pasta, legumi, olio, vino, in quei terreni che erano stati “roba” della ’ndrangheta. E’ un’economia che può fare la differenza e riscrivere il meccanismo della produzione dal punto di vista del terzo settore. Si lavora insieme per produrre insieme. La logica cooperativistica è l’esatto opposto dell’idea di estorsione, che si identifica in una parassitaria forma di rendita “strappata” al lavoro altrui. In secondo luogo, in termini di occupazione, la ricaduta di questo nuovo modo di produrre olio in tempi di crisi è sorprendente. Musolino afferma: “Le cooperative, in particolare “Valle del Marro Libera terra”, non hanno convocato il sindacato per aprire tavoli di crisi, non hanno approfittato della più generale crisi economica globale per collocare i dipendenti sotto la protezione degli ammortizzatori sociali. Vuol dire che il lavoro creato lì è lavoro vero. In termini percentuali qui insistono posti di lavoro agricolo a tempo indeterminato (fissi) maggiori rispetto alla media di ettari di estensione delle aziende agricole reggine , calabresi ed italiane. Esistono cioè aziende di maggiori dimensioni ma con minore manodopera fissa”.
Infatti, a livello regionale, nonostante le produzioni di olio riconosciute da marchi di qualità (olio Bruzio Dop, Olio di Lamezia Dop, olio Alto Crotonese Dop), molte aziende produttrici coltivano un ettaro di terra, non di più. I costi di raccolta incidono dal 20% al 50% sul costo finale di produzione, e, con prezzi di vendita non remunerativi, i produttori possono decidere di non raccogliere.
Pietro Giordano, segretario generale di Adiconsum afferma in proposito: “Il Made in Italy deve riguardare non soltanto la qualità del prodotto, ma anche le condizioni occupazionali. Assume un significato non solo simbolico il fatto che i terreni confiscati a mafia, ’ndrangheta e camorra vengano utilizzati per impiantare e produrre produzioni di qualità.” Si scrive così una nuova Storia. Contro il caporalato, contro lo sfruttamento. A favore del lavoro.
Fonte: Narcomafie.it 11 Giugno 2012
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