Quei martiri
per caso
nelle guerre
di Gomorra
Un barista di 42 anni, padre
di famiglia e incensurato,
ammazzato da un maledetto
proiettile vagante. Morto in
un modo che sembra essere
fortuito. Nell’indifferenza di tutti, ma non del suo paese che è sceso in
piazza e ne ha difeso la memoria.
È proprio in questa terra, e
nelle sue
energie paralizzate, che
l’Italia può trovare gli anticorpi.
Per rinascere, e non per caso
di Roberto Saviano
SCASUALMENTE. È accaduto scasualmente, dicevano.
Questa è la parola che viene utilizzata nello slang napoletano per descrivere
qualcosa che è accaduto "per caso", "non intenzionalmente".
Scasualmente, hanno detto, è stato ammazzato Andrea
Nollino, 42 anni, davanti a un bar di Casoria. Il suo bar. Non doveva essere ucciso
lui, ma qualcuno che gli somigliava o qualcuno tanto vicino a lui da
giustificare quel proiettile vagante. O forse non è andata così. C'è chi avanza
altre ipotesi: le analisi balistiche dimostrerebbero che i proiettili sarebbero
stati diretti tutti, e con una certa precisione, proprio in direzione di Andrea
Nollino e non, come si era pensato, in direzione della Ford Ka gialla.
Inoltre Andrea, nella
zona vecchia di Casoria, quella
di San Mauro, dove è fortissima la presenza di un sottobosco malavitoso, si era
sempre distinto per la sua onestà: potrebbe essere stato punito per aver
resistito alla legge dei clan? Casoria
non è nuova ad assurde vendette. Nel 2010 un edicolante, Antonio Coppola, fu
trucidato con tre colpi di pistola per aver rimproverato un uomo che stava
rubando dell'uva dalla vigna di un conoscente. Antonio Coppola era incensurato, ma in un primo momento alle forze dell'ordine
risultava con precedenti penali e così nessuno raccontò la verità su quella
morte assurda.
L'omicidio di Andrea Nollino, che sia stato casuale o una
barbara punizione, è
sconvolgente. Andrea
arriva presto al suo bar, alle setteapre la saracinesca e inizia a pulire
per terra. Due uomini arrivano e sparano con una pistola mitragliatrice. Tutto
è avvenuto nello slargo San Mauro, dove c'è il bar di Andrea e di suo fratello,
al primo piano vive la famiglia, la chiesa dove si sono svolti i funerali è lì
di fronte. La ditta delle onoranze funebri è poco distante. Un'esistenza intera
descritta e ordinata in una manciata di metri, dove si è svolto tutto: vita,
lavoro, matrimonio, morte, funerale.
Eppure sono così complesse le sintesi di queste vite
che si svolgono in paesoni smisurati che non riescono a essere metropolitani,
che contano decine di migliaia di cittadini (Casoria ne ha più di 79 mila), ma restano paesi con regole d'omertà, con economie
illegali, quasi come uniche economie vincenti ma anche con un senso di unità
civile che questa volta Casoria ha insegnato all'intera nazione.
La famiglia Nollino ai funerali è piena di un'immobile
e composta dignità. Al contrario le famiglie di mafia quando soffrono una
perdita sanno che tipo di sceneggiata devono compiere, sanno come recitare il
dolore, che partitura seguire, come urlare e strapparsi i capelli, come
dichiarare vendetta in quel pianto o chiedere tregua in quelle grida. I figli di Andrea, Raffaele e Carmen, erano presenti
al funerale, non la più piccola di 4 anni, ma sulla saracinesca abbassata del
bar c'è un disegno, forse della bimba dedicato a suo padre. Al corteo funebre
hanno partecipato in moltissimi, qualche urla, tanti applausi, un gesto che
tende a sfogare la rabbia, ma forse di più a omaggiare un lavoratore, un padre
di famiglia, morto mentre stava facendo il proprio dovere: lavorare.
Tantissimi ragazzi dietro il feretro e nessun
programma antimafia nessun piano politico, null'altro che dolore. Dolore per un
gesto schifoso, per una morte assurda. Empatia totale. Ciò che ancora una volta mi ha
sconvolto, ma forse dovrei smetterla
di stupirmi, è che di nuovo l'Italia ha ignorato la notizia o quasi. Della
morte di Andrea ne hanno parlato più o meno diffusamente i media locali, un
cenno in quelli nazionali. Nessuna apertura dei tg, niente prime pagine dei
quotidiani. E c'è da dire che, se in questo caso la notizia è arrivata, è stato
solo per la quantità: nel Napoletano ci sono stati tre morti in dodici ore, è
scattato l'allarme "guerra di camorra" e solo per questo la notizia è
passata.
Nelle stesse ore in cui moriva Andrea, sono stati
uccisi Giuseppe Sannino, di ventun'anni, abbandonato di notte davanti a un
ospedale, e Marco Riccio, già padre di due bambini a soli 18 anni, vittima di
un'esecuzione di camorra.
Sempre così funziona: le morti in terra di camorra
arrivano sulle prime pagine solo per accumulo. Un morto, poi due, poi tre sino
a quando i media non possono ignorare la mattanza e la raccontano. Immaginate
se un barista milanese fosse stato raggiunto in faccia da un proiettile? Il
territorio sarebbe insorto perché a morire sarebbe stato di certo un innocente.
Il governo avrebbe inviato un legato per mostrare che non si può morire così in
un Paese democratico e civile mentre si sta lavorando senza che le istituzioni
reagiscano energicamente.
Se muori in terra di camorra, invece, c'è sempre
il sospetto che tu sia camorrista. Poi accade che i tempi d'accertamento
siano lunghi e quando è chiaro che la vittima è innocente è troppo tardi
per raccontare la sua storia come meriterebbe di essere
raccontata, ovvero come la storia di un martire civile.
Notizia non più attuale, equivale a memoria
scomparsa.
Ma questa
volta la comunità di Casoria si è
mossa, ha portato avanti la sua memoria:
Andrea non
era un camorrista. Così dichiarano e raccontano
le persone di Casoria assieme a don Tonino Palmese e don Mauro Zurro,
sacerdoti sempre presenti che sanno sostituire tutto ciò che è assente in
quella disgraziata regione: stato diritto famiglia serenità. Se chiedessi a un milanese, a un
bergamasco, a un veneziano, a un romano, a un palermitano chi è Andrea
Nollino, non saprebbe rispondermi. Non saprebbe che è l'ultimo morto
innocente di una lunga lista.
L'ultimo morto ucciso, come dicono, scasualmente.
Scasualmente è stata uccisa Silvia Ruotolo, scasualmente è stata uccisa Annalisa Durante. Scasualmente sono stati uccisi Gigi Sequino e Paolo Castaldi,
due amici poco più che ventenni, scambiati per due affiliati.
Scasualmente è stato ucciso Dario Scherillo, ragazzo che non c'entrava nulla con la
faida di Scampia. Ma quando
un territorio vive in guerra non è mai scasualmente che si muore.
È una interpretazione sbagliata. Semmai quando un
proiettile viene deviato, quando vengono scambiati gli obiettivi, quando
si muore perché "troppo" onesti, semplicemente la logica camorristica
del "qui tutto ci appartiene" è compiuta. La logica del poter
decidere su tutto, della vita e della morte di chiunque, perché qui tutto
è cosa loro.
Dobbiamo sapere che chi muore è stato ammazzato
non solo dalla camorra, ma anche dall'indifferenza,
dall'inazione, dalla mancanza di soluzioni e proposte politiche
reali per risolvere una piaga che nel nostro Paese è la piaga.
Casoria è terra difficile. È terra di camorra, è
terra di euro falsi, i migliori mai prodotti in
Europa sono stati stampati in questa zona.
Qui la crisi la si vive, ma con meno dramma
che altrove perché l'assenza totale di lavoro c'è da così tanti anni che
ormai sono tutti assuefatti.
Le banche hanno azzerato da tempo le
possibilità di finanziamenti e, piaccia o meno, il lavoro nero è l'unico
ammortizzatore sociale davvero funzionante.
Il Sud è colmo di ragazzi che lavorano in
nero nelle fabbriche di confezioni, di guanti, di scarpe, di giacche, di
vestiti: sono tutti lavoratori onesti.
Tempo fa il ministero dell'Economia diffuse una
pubblicità progresso sui parassiti sociali, ovvero sugli evasori. Ciò che mi colpì fu che il
testimonial "negativo" di quella campagna di sensibilizzazione era un
ragazzo sui trent'anni, scuro di carnagione, barba incolta, vestito in maniera
semplice e dimessa. Non so voi, ma io un parassita, un evasore me lo immagino
diverso: magari giacca e cravatta, ben rasato e non necessariamente con le fattezze
dell'uomo del Sud. La trovai
fastidiosa. Forse perché in quel viso vidi i miei lineamenti e i lineamenti di
molti miei amici.
Gli evasori hanno in genere ben altra prestanza. Ecco,
in queste terre o lavori nell'edilizia o fai scarpe, o cuci: è certo che
diritti ne avrai pochi e questi pochi saranno una concessione e una discrezione
dei tuoi datori di lavoro. È l'ultima parte manifatturiera d'Occidente che
resiste alla concorrenza dei Balcani e della Cina. Pochi soldi, nessun diritto.
Dovrebbe far riflettere che il lavoro in nero del sud Italia è l'unico
concorrente possibile, nel nostro Paese, di merci prodotte e importate dove non
c'è regolamentazione sull'età lavorativa, sugli orari di lavoro.
Una parte di mondo politico sa che il Sud in queste
condizioni è garanzia di immobilità e resta un enorme serbatoio dove
continuare a comprare voti per pochi euro. Questo Sud è una garanzia alla
rielezione di molti. Chi sa, sono anni che ci diciamo che qualcosa sta
cambiando. Che tutto deve cambiare; le amministrazioni locali ci provano,
spesso con troppi proclami, ma dal governo non arrivano segnali. Questo governo
occupato in complicatissime manovre non ha mai pronunciato la parola
Mezzogiorno.
Eppure il Sud è una palestra, abituato com'è a una
situazione di disperazione quasi perenne. Per questo ha
più forza per ripartire, per fare da traino all'intero Paese paralizzato dalla
crisi. Il Sud questa paralisi la conosce da tempo e le sue energie possono
essere fondamentali per trovare insieme gli anticorpi. La morte di
Andrea Nollino, lavoratore, e la reazione del suo paese dimostrano che
a Sud c'è ancora una guerra. Che si combatte in ogni forma, che è
disoccupazione, lavoro nero, affiliazione nei clan, scelta di partire come
volontari nelle missioni di pace. Questa guerra ha creato, di generazione in
generazione, una capacità di resistenza incredibile. Da qui l'Italia deve
ripartire.
Le nuove generazioni di meridionali oggi possono
essere la speranza del Paese.
E questa volta
non scasualmente.
Fonte Repubblica.it 3 Luglio 2012
Quei martiri
per caso
per caso
nelle guerre
di Gomorra
di Gomorra
Un barista di 42 anni, padre
di famiglia e incensurato,
ammazzato da un maledetto
proiettile vagante. Morto in
un modo che sembra essere
fortuito. Nell’indifferenza di tutti, ma non del suo paese che è sceso in
piazza e ne ha difeso la memoria.
È proprio in questa terra, e
nelle sue
energie paralizzate, che
l’Italia può trovare gli anticorpi.
Per rinascere, e non per caso
di Roberto Saviano
SCASUALMENTE. È accaduto scasualmente, dicevano.
Questa è la parola che viene utilizzata nello slang napoletano per descrivere
qualcosa che è accaduto "per caso", "non intenzionalmente".
Scasualmente, hanno detto, è stato ammazzato Andrea
Nollino, 42 anni, davanti a un bar di Casoria. Il suo bar. Non doveva essere ucciso
lui, ma qualcuno che gli somigliava o qualcuno tanto vicino a lui da
giustificare quel proiettile vagante. O forse non è andata così. C'è chi avanza
altre ipotesi: le analisi balistiche dimostrerebbero che i proiettili sarebbero
stati diretti tutti, e con una certa precisione, proprio in direzione di Andrea
Nollino e non, come si era pensato, in direzione della Ford Ka gialla.
Inoltre Andrea, nella
zona vecchia di Casoria, quella
di San Mauro, dove è fortissima la presenza di un sottobosco malavitoso, si era
sempre distinto per la sua onestà: potrebbe essere stato punito per aver
resistito alla legge dei clan? Casoria
non è nuova ad assurde vendette. Nel 2010 un edicolante, Antonio Coppola, fu
trucidato con tre colpi di pistola per aver rimproverato un uomo che stava
rubando dell'uva dalla vigna di un conoscente. Antonio Coppola era incensurato, ma in un primo momento alle forze dell'ordine
risultava con precedenti penali e così nessuno raccontò la verità su quella
morte assurda.
L'omicidio di Andrea Nollino, che sia stato casuale o una
barbara punizione, è
sconvolgente. Andrea
arriva presto al suo bar, alle setteapre la saracinesca e inizia a pulire
per terra. Due uomini arrivano e sparano con una pistola mitragliatrice. Tutto
è avvenuto nello slargo San Mauro, dove c'è il bar di Andrea e di suo fratello,
al primo piano vive la famiglia, la chiesa dove si sono svolti i funerali è lì
di fronte. La ditta delle onoranze funebri è poco distante. Un'esistenza intera
descritta e ordinata in una manciata di metri, dove si è svolto tutto: vita,
lavoro, matrimonio, morte, funerale.
Eppure sono così complesse le sintesi di queste vite
che si svolgono in paesoni smisurati che non riescono a essere metropolitani,
che contano decine di migliaia di cittadini (Casoria ne ha più di 79 mila), ma restano paesi con regole d'omertà, con economie
illegali, quasi come uniche economie vincenti ma anche con un senso di unità
civile che questa volta Casoria ha insegnato all'intera nazione.
La famiglia Nollino ai funerali è piena di un'immobile
e composta dignità. Al contrario le famiglie di mafia quando soffrono una
perdita sanno che tipo di sceneggiata devono compiere, sanno come recitare il
dolore, che partitura seguire, come urlare e strapparsi i capelli, come
dichiarare vendetta in quel pianto o chiedere tregua in quelle grida. I figli di Andrea, Raffaele e Carmen, erano presenti
al funerale, non la più piccola di 4 anni, ma sulla saracinesca abbassata del
bar c'è un disegno, forse della bimba dedicato a suo padre. Al corteo funebre
hanno partecipato in moltissimi, qualche urla, tanti applausi, un gesto che
tende a sfogare la rabbia, ma forse di più a omaggiare un lavoratore, un padre
di famiglia, morto mentre stava facendo il proprio dovere: lavorare.
Tantissimi ragazzi dietro il feretro e nessun
programma antimafia nessun piano politico, null'altro che dolore. Dolore per un
gesto schifoso, per una morte assurda. Empatia totale. Ciò che ancora una volta mi ha
sconvolto, ma forse dovrei smetterla
di stupirmi, è che di nuovo l'Italia ha ignorato la notizia o quasi. Della
morte di Andrea ne hanno parlato più o meno diffusamente i media locali, un
cenno in quelli nazionali. Nessuna apertura dei tg, niente prime pagine dei
quotidiani. E c'è da dire che, se in questo caso la notizia è arrivata, è stato
solo per la quantità: nel Napoletano ci sono stati tre morti in dodici ore, è
scattato l'allarme "guerra di camorra" e solo per questo la notizia è
passata.
Nelle stesse ore in cui moriva Andrea, sono stati
uccisi Giuseppe Sannino, di ventun'anni, abbandonato di notte davanti a un
ospedale, e Marco Riccio, già padre di due bambini a soli 18 anni, vittima di
un'esecuzione di camorra.
Sempre così funziona: le morti in terra di camorra
arrivano sulle prime pagine solo per accumulo. Un morto, poi due, poi tre sino
a quando i media non possono ignorare la mattanza e la raccontano. Immaginate
se un barista milanese fosse stato raggiunto in faccia da un proiettile? Il
territorio sarebbe insorto perché a morire sarebbe stato di certo un innocente.
Il governo avrebbe inviato un legato per mostrare che non si può morire così in
un Paese democratico e civile mentre si sta lavorando senza che le istituzioni
reagiscano energicamente.
Se muori in terra di camorra, invece, c'è sempre
il sospetto che tu sia camorrista. Poi accade che i tempi d'accertamento
siano lunghi e quando è chiaro che la vittima è innocente è troppo tardi
per raccontare la sua storia come meriterebbe di essere
raccontata, ovvero come la storia di un martire civile.
Notizia non più attuale, equivale a memoria
scomparsa.
Ma questa
volta la comunità di Casoria si è
mossa, ha portato avanti la sua memoria:
Andrea non
era un camorrista. Così dichiarano e raccontano
le persone di Casoria assieme a don Tonino Palmese e don Mauro Zurro,
sacerdoti sempre presenti che sanno sostituire tutto ciò che è assente in
quella disgraziata regione: stato diritto famiglia serenità. Se chiedessi a un milanese, a un
bergamasco, a un veneziano, a un romano, a un palermitano chi è Andrea
Nollino, non saprebbe rispondermi. Non saprebbe che è l'ultimo morto
innocente di una lunga lista.
L'ultimo morto ucciso, come dicono, scasualmente.
Scasualmente è stata uccisa Silvia Ruotolo, scasualmente è stata uccisa Annalisa Durante. Scasualmente sono stati uccisi Gigi Sequino e Paolo Castaldi,
due amici poco più che ventenni, scambiati per due affiliati.
Scasualmente è stato ucciso Dario Scherillo, ragazzo che non c'entrava nulla con la
faida di Scampia. Ma quando
un territorio vive in guerra non è mai scasualmente che si muore.
È una interpretazione sbagliata. Semmai quando un
proiettile viene deviato, quando vengono scambiati gli obiettivi, quando
si muore perché "troppo" onesti, semplicemente la logica camorristica
del "qui tutto ci appartiene" è compiuta. La logica del poter
decidere su tutto, della vita e della morte di chiunque, perché qui tutto
è cosa loro.
Dobbiamo sapere che chi muore è stato ammazzato
non solo dalla camorra, ma anche dall'indifferenza,
dall'inazione, dalla mancanza di soluzioni e proposte politiche
reali per risolvere una piaga che nel nostro Paese è la piaga.
Casoria è terra difficile. È terra di camorra, è
terra di euro falsi, i migliori mai prodotti in
Europa sono stati stampati in questa zona.
Qui la crisi la si vive, ma con meno dramma
che altrove perché l'assenza totale di lavoro c'è da così tanti anni che
ormai sono tutti assuefatti.
Le banche hanno azzerato da tempo le
possibilità di finanziamenti e, piaccia o meno, il lavoro nero è l'unico
ammortizzatore sociale davvero funzionante.
Il Sud è colmo di ragazzi che lavorano in
nero nelle fabbriche di confezioni, di guanti, di scarpe, di giacche, di
vestiti: sono tutti lavoratori onesti.
Tempo fa il ministero dell'Economia diffuse una
pubblicità progresso sui parassiti sociali, ovvero sugli evasori. Ciò che mi colpì fu che il
testimonial "negativo" di quella campagna di sensibilizzazione era un
ragazzo sui trent'anni, scuro di carnagione, barba incolta, vestito in maniera
semplice e dimessa. Non so voi, ma io un parassita, un evasore me lo immagino
diverso: magari giacca e cravatta, ben rasato e non necessariamente con le fattezze
dell'uomo del Sud. La trovai
fastidiosa. Forse perché in quel viso vidi i miei lineamenti e i lineamenti di
molti miei amici.
Gli evasori hanno in genere ben altra prestanza. Ecco,
in queste terre o lavori nell'edilizia o fai scarpe, o cuci: è certo che
diritti ne avrai pochi e questi pochi saranno una concessione e una discrezione
dei tuoi datori di lavoro. È l'ultima parte manifatturiera d'Occidente che
resiste alla concorrenza dei Balcani e della Cina. Pochi soldi, nessun diritto.
Dovrebbe far riflettere che il lavoro in nero del sud Italia è l'unico
concorrente possibile, nel nostro Paese, di merci prodotte e importate dove non
c'è regolamentazione sull'età lavorativa, sugli orari di lavoro.
Una parte di mondo politico sa che il Sud in queste
condizioni è garanzia di immobilità e resta un enorme serbatoio dove
continuare a comprare voti per pochi euro. Questo Sud è una garanzia alla
rielezione di molti. Chi sa, sono anni che ci diciamo che qualcosa sta
cambiando. Che tutto deve cambiare; le amministrazioni locali ci provano,
spesso con troppi proclami, ma dal governo non arrivano segnali. Questo governo
occupato in complicatissime manovre non ha mai pronunciato la parola
Mezzogiorno.
Eppure il Sud è una palestra, abituato com'è a una
situazione di disperazione quasi perenne. Per questo ha
più forza per ripartire, per fare da traino all'intero Paese paralizzato dalla
crisi. Il Sud questa paralisi la conosce da tempo e le sue energie possono
essere fondamentali per trovare insieme gli anticorpi. La morte di
Andrea Nollino, lavoratore, e la reazione del suo paese dimostrano che
a Sud c'è ancora una guerra. Che si combatte in ogni forma, che è
disoccupazione, lavoro nero, affiliazione nei clan, scelta di partire come
volontari nelle missioni di pace. Questa guerra ha creato, di generazione in
generazione, una capacità di resistenza incredibile. Da qui l'Italia deve
ripartire.
Le nuove generazioni di meridionali oggi possono
essere la speranza del Paese.
E questa volta non scasualmente.
E questa volta non scasualmente.
Fonte Repubblica.it 3 Luglio 2012
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