"Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo"

Paolo Borsellino

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

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"Made in Castelvolturno" il marchio etico che coniuga legalità e moda






"Made in Castelvolturno"

il marchio etico che coniuga

 legalità e moda

La Casa di Alice si trova nell'abitazione confiscata alla camorrista Pupetta Maresca. Lì, ora, lavorano Anna Cerere, Maria Cirillo e due sarte africane, Kawi Patt e Atta Bose. Da poco si è svolta la prima sfilata di abiti che mettono insieme stile italiano e colori del Continente nero. 

"Mostriamo come i migranti siano una risorsa per superare la diffidenza e il razzismo"


di Daniele Sanzone


L’appuntamento è Castel Volturno, vicino al monumento in memoria di Miriam Makeba a pochi metri da dove è stato ammazzato l’imprenditoreDomenico Noviello. Lì c’è la Casa di Alice. Un bene confiscato alla camorristaAssunta Maresca detta “Pupetta” e destinato al Comune il 15 maggio del 1997 per realizzarvi una sartoria, costola dell’associazione Jerry Masslo. Ad aspettare c’è Anna Cerere, un ex sarta, che dirige il laboratorio con l’aiuto dell’amica Maria Cirillo e di due sarte africane, Kawi Patt e Atta Bose. Grazie alla sartoria queste donne con alle spalle storie.


Storie di donne che resistono, trovando riscatto nel lavoro. «Siamo stati fortunate – spiega Anna Cecere – perché il nostro progetto è piaciuto a una fondazione bancaria che ha finanziato parte dei lavori della sartoria, mentre l’altra parte è autofinanziata dai soci della cooperativa». Qualche settimana fa, in occasione del Festival dell’impegno civile(promosso dall’associazione Libera), si è 
svoltala prima sfilata del neonato marchio Made in Castel Volturno. «Vogliamo mostrare che l’Africa è una risorsa per superare la diffidenza e il razzismo nei confronti dei migranti». Un progetto sociale che, partendo dalla differenze, cerca di integrare i migranti con i residenti di Castel Volturno. Il marchio mescola ad arte i colori e i tagli tipicamente africani con lo stile italiano. Un progetto e un modello di sviluppo che creando un’economia legale, contrasta e toglie terreno a quella criminale, come nel caso del ristorante, pizzeria Nco (Nuova cucina organizzata) di Peppe Pagano a San Cipriano d’Aversa. 

 




Come nasce il marchio Made in Castel Volturno?
Il marchio nasce per dare dignità a un territorio da sempre 
etichettato, dai media, come terra di camorra e droga
 per colpa della forte presenza di etnie africane. 
È sicuramente una città calpestata dalla camorra ma 
non certo per gli africani. Vogliamo riscattare questa
 terra unendo i colori dell’Africa allo stile italiano. 
L’associazione Jerry Masslo con i prodotti della 
cooperativa finanzia servizi sul territorio che vanno
 dalla scuola, alla presa in carico di tanti minori.
Quali sono gli obiettivi della sartoria?
L’obiettivo è che la coop diventi il futuro delle 
ragazze africane, offrendo lavoro a chi vive o
 ha vissuto in condizioni a dir poco difficili. 
Il sogno è quello di sfilare un giorno con le grandi firme della moda.
Cosa pensi dell’idea di Roberto Saviano 
di mettere in vendita i beni confiscati alle mafie?
Non condivido l’idea di Saviano, anche se sono dalla sua parte. 
Sicuramente, visti i numerosi vincoli, i beni confiscati alle mafie 
devono avere altre funzioni oltre a quelle sociali. 
Personalmente li darei ai comuni per fare scuole o
 uffici comunali, per esempio i comuni pagano affitti enormi
 per le asl e le scuole a Castel Volturno non ci sono. Ma vendere mai.
Fonte: Il fattoquotidiano 16 Agosto 2012

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