L'IMPORTANZA CIVICA DI RICORDARE
PINO LOTTA E GERARDO CITARELLA
dalla Redazione di Libera Afragola - Casoria
Martedì 26 ottobre 2010. Appena tre anni fa. Un
commando di cinque persone fa irruzione nella filiale della Unicredit di
Casoria dopo che un rapinatore è riuscito ad entrare armato all’interno della
banca. Due guardie giurate tentano di opporre resistenza e loro, senza pensarci
due volte fanno fuoco!
Non è la descrizione asettica di una modalità collaudata di rapina. Quel giorno due vite saranno stroncate ed un terzo vigilante rimarrà tragicamente traumatizzato dall’accaduto.
Non è la descrizione asettica di una modalità collaudata di rapina. Quel giorno due vite saranno stroncate ed un terzo vigilante rimarrà tragicamente traumatizzato dall’accaduto.
L’episodio, per chi ha vissuto in prima persona una tragedia simile, è ancora vivido e lucido, benché ormai siano passati tre anni da quel 26 ottobre 2010, da quella sanguinosa irruzione nella filiale Unicredit Banca di Casoria, giornata nella quale le cronache locali diedero notizia, forse persino distrattamente, dell’ennesimo episodio di criminalità consumatosi nell’hinterland del capoluogo.
Si racconta sempre con drammaticità il far west metropolitano che continua a insanguinare la periferia napoletana, difficilmente però si riesce a ricordare il nome e il volto delle vittime di un banditismo che non risparmia nessuno.
L’azione di sensibilizzazione civica nasce allora offrendo pubblicamente la testimonianza di chi ha vissuto la tragedia in prima persona, di
chi masticando amaro, può ben dire che dietro quelle divise c’erano mariti,
padri di famiglia, amici cari. Senza
scadere in facile retorica, la parola,
davanti a tragedie del genere, andrebbe data
proprio ai familiari di quei “vigilantes” troppo spesso dimenticati.
Ai familiari di Pino Lotta, 32enne di Torre Annunziata e Gerardo Citarella , 43enne di Nocera
Inferiore, padre di due figli.
I 27 secondi che separano i tre colpi di kalashnikov dalla morte di Pino Lotta, vengono rivissuti nella aperta che sua moglie Lina indirizza alla nostra Associazione : la realistica e atroce descrizione dell’efferatezza con cui il corpo del marito è stato “dilaniato, vessato, violato, trucidato” racconta meglio di qualsiasi cronaca giornalistica la distanza che separa l’umanità dalla barbarie. Una voce che fotografa in modo più realistico di qualsiasi statistica la gravità della violenza che attraversa e colpisce certe periferie abbandonate.
IL VIDEO
Eppure, nonostante tutto, lo spiraglio di speranza arriva proprio dalla prospettiva di chi, avendo pianto nel quotidiano la perdita di un caro,
esorta a “dare un senso alla
devastazione” e ammonisce “la società
che ha contribuito a tutto questo”, affinché tanta violenza “non accada più”.
Tali
episodi potranno cessare nel corso
degli anni solo se saremo in grado si sentirli davvero come nostri. A partire proprio da questa
prospettiva.
Ricordare il nome dei morti ammazzati dalla violenza metropolitana, serve per dare il coraggio di denunciare i vivi che continuano a perpetuare simili crimini.
Ricordare il nome dei morti ammazzati dalla violenza metropolitana, serve per dare il coraggio di denunciare i vivi che continuano a perpetuare simili crimini.
Fonte:www.liberaafragolacasoriaacm.blogspot.com 26 Ottobre2013
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