ILLUMINARE LA NOTTE E ASPETTARE L'ALBA...
di Riccardo Christian Falcone
Sono arrivato a Borgo Sabotino quest'anno con la
stanchezza nel cuore, lo confesso. E con una strana tristezza che da qualche
mese mi porto dentro.
Forse è la prima volta che ne parlo, ma oggi sento di
doverlo fare. Era la stanchezza diun anno difficile, duro, lungo. Un anno lungo il quale
tutto quello che ho visto consumarsi attorno a me mi ha restituito una sensazione di inadeguatezza. Di fronte a ciò che accadeva, di fronte alla
consapevolezza che i miei, i nostri sforzi, non erano riusciti ad evitare che
una comunità, la mia comunità, perdesse il senso dell'orientamento e che fosse
trascinata sull'orlo del baratro, attraverso le pieghe del compromesso morale e
dell'indifferenza, mi sentivo inadeguato. E ho desiderato fuggire. Ho desiderato
deporre le armi.
Così sono arrivato a Borgo Sabotino, con sulle spalle
quella sensazione di inadeguatezza che per mesi ho fatto di tutto per
scrollarmi di dosso. A volte ci sono riuscito, grazie a chi qui, nella mia
terra, ha saputo capirmi, comprendermi senza che parlassi, sostenermi comunque.
Ma altre volte non ce l'ho fatta, e chi mi ha girato attorno ha dovuto subire i
silenzi, la rabbia, le fughe.
Avevo bisogno del Raduno. Avevo bisogno di
ritrovare i vostri occhi e leggere dentro di essi che sì, vale comunque la pena di continuare a combattere. Avevo bisogno delle vostre speranze, delle vostre passioni, del vostro resistere.
Ho trovato tutto questo. E forse di più.
Ho trovato tanti volti nuovi, giovani, belli. Ho
trovato il sogno di persone che riescono a declinare, fuori da ogni
retorica, parole come cambiamento e futuro. Ho trovato l'antimafia più sincera,
più pulita, più vera. Quell'antimafia che ha fame di conoscenzae che
non conosce i protagonismi, che riflette sui proprio limiti, sulle proprie
debolezze, che si sforza di capire il senso della corresponsabilità,
della coerenza, dellacontinuità. Ho trovato il volto più
bello e autentico di Libera.
E ho trovato la forza di capire che non ci si può arrendere. Che nonostante tutto c'è chi continua a credere in
te, magari nel silenzio del proprio cuore. Perché la libertà a volte è un dono troppo grande.
Volevo tornare a respirarla a pieni polmoni questa
libertà. L'ho fatto. Con voi.
Libera è nelle nostre mani, amici miei. Nelle mani di
chi saprà prendersene cura e capire che quei 300 piedi ai quali mi rivolsi di
ritorno da Volvera oggi sono 600. E che sono piedi forti, robusti, coraggiosi sui quali si può
costruire il futuro di noi stessi e di questo Paese.
Torno a casa più forte, anche quest'anno. Un po' meno
stanco e avvertendo che quella sensazione di inadeguatezza si è sopita, forse
addirittura spenta nei nostri entusiasmi. Il lavoro è lungo e difficile però.
Certo, le buone battaglie contano di per loro. Così come i buoni compagni.
Ma noi vogliamo vincere.
Vedere quei punti luminosi allontanarsi da noi e
disperdersi nel buio della notte è forse l'immagine più bella di questi giorni
appena trascorsi. Una metafora straordinaria per dire e per dirci che possiamo fare di tutto con la
nostra volontà, anche illuminare la notte e librarci in volo.
Mi piace pensare alle domande di chi ha visto volarle
quelle lanterne, al loro chiedersi da dove arrivavano, chi le avesse lasciate
volare e perché. Mi piace pensare che non conosceranno mai le risposte a queste
domande, al senso di quel gesto compiuto chissà da chi e chissà perché. Ma mi
piace pensare soprattutto che, anche se gli altri continueranno a non sapere
chi siamo o perché facciamo quel che facciamo, ci saremo sempre noi a
raccogliere i sogni di questo Paese e a liberarli nel cielo, illuminando la
notte. Aspettando l'alba.
Fonte: Libera.it 1 Agosto 2012
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