"Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo"

Paolo Borsellino

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

SPORTELLO SOS GIUSTIZIA

In ricordo di Gerardo D'Arminio


















Per il senso del dovere, in ricordo
di
Gerardo D'arminio




di Vincenzo Fatigati giovani di Libera

Presidio Territoriale  Afragola - Casoria  


Il rischio maggiore oggi  per le diverse celebrazioni della memoria,  i diversi olocausti della storia; non consiste nella loro cancellazione dal calendario, nella eliminazione di targhette o statue. 
Ma nel suo opposto,  la tragedia riesce a cadere nell'oblio quando l’evento del ricordo diventa passerella o mera celebrazione ritualistica;  diventa insomma strumentalizzata da una parte politica. Una ricorrenza come le altre.
Non possiamo forse dire che lo stesso vale per le vittime delle mafie, quando constatiamo sempre di più in questi  tempi che  i peggiori politici – proprio  quelli che sono collusi- esaltano  i vari Falcone e Borsellino per crearsi quella patina eroica per consenso elettorale? “Non abbiamo bisogno di tifosi, ma di calciatori” ripetono spesso i diversi addetti alla lotta alla criminalità organizzata . Il ricordo serve  solo se si riesce a passare quindi, dalla  ammirazione passiva del simbolo, a quella attiva della cittadinanza.  Il ricordo ha senso solo se si riesce a comunicare questo messaggio, riuscendo  a passare dal livello personale a quello sociale e collettivo.
Le mafie da sempre,  per il controllo del potere, oltre alla violenza e alle intimidazioni, utilizzano, in modo vigliacco,  la diffamazione, l’inganno come   strumento di legittimazione. 
Diffamare la vittima serve per creare consenso e quindi potere agli occhi degli altri.
Ricordare il passato,  allora è il primo passo da fare per guardare al futuro, perché quello che va comunicato non è solo una storia, un fatto o un dettaglio; ma un atteggiamento che deve restare uguale nel suo divenire storico.  Ricordare insomma, serve per schierarsi.

Questo preambolo  serve per comprendere che  il nostro atteggiamento  deve essere attivo verso la  figura del maresciallo D’Arminio, ucciso ad Afragola  proprio il  5 gennaio del 1976 . Una storia tragica e emblematica , tristemente abbandonata e dimenticata  dalla coscienza della città di Afragola.

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Nato nel cilentano a Montecorvino Rovella,  era un maresciallo capace, con un   curriculum di primo livello, essendo in pochi anni passato  da Palermo, dove da subito si era occupato della cattura di pericolosi esponenti di della mafia siciliana, a occuparsi  negli anni ‘70  della “via del tabacco”, riuscendo ad intuire e studiare  connessioni col traffico degli stupefacenti ,  indagando sulle relazioni tra cosa nostra e i cartelli della camorra. Persona esperta e preparata, conosceva a memoria fatti  circostanze, senza controllare l’archivio ; oltre che ad essere efficiente, visto che da quando aveva prestato nel 1974 servizio ad Afragola, erano notevolmente diminuiti i crimini nella città.

 D’Arminio fu ucciso proprio il 5 gennaio del 1976 da otto proiettili di lupara canne mozze sparate da  una “500” gialla , mentre comprava una bicicletta su una bancarella a Carmine, uno dei suoi quattro figli che aveva appena  4 anni
.

Purtroppo in città ancora  circolano, criminosamente,  diverse versioni, spesso macchiate del solito tentativo diffamatorio, dove  - chissà perché- chi sostiene determinate versioni, si dimenticano di leggere  documenti ufficiali; limitandosi a raccontare la versione invece delle persone che sono state condannate di quel determinato reato.
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 Infatti, secondo il  sostituto procuratore della Repubblica Vittorio Martuscello, l’ipotesi di reato è “omicidio volontario  e premeditato”. Gli investigatori non credettero alla versione del giovane    Enzo Moccia, che all’epoca era minorenne e si costituì alla procura,    dichiarando  di aver commesso l’omicidio senza l’aiuto dei fratelli  Angelo e Luigi : secondo la sua versione, sarebbe andato a  casa sua per prendere una lupara che aveva nascosto a casa del padre giorni prima  (e che aveva trovato miracolosamente e casualmente tempo prima ). Non si sarebbe accorto della presenza del Maresciallo, ma avrebbe avuto una colluttazione con il nemico e rivale  Luigi Giugliano, e dopo diverbi  , si sarebbe difeso  sparando colpi che, poi accidentalmente, colpirono il maresciallo.
Per la procura  ciò non fu vero, in quanto è difficile credere a questa versione  anche perché Enzo Moccia conosceva bene il Maresciallo D’Arminio,  poiché  il marzo precedente, durante una perquisizione per una partita di tabacco, avrebbe  trovato il vecchio Boss Gennaro Moccia in possesso di un arma.   All'epoca Enzo si accusò del reato per  tentare di non far andare il  padre carcere
. E comunque, secondo i primi giornali dell'epoca e le ricostruzioni iniziali della procura , nell'auto ci sarebbero stati anche i fratelli Luigi , e Angelo, giacché, avrebbero – secondo 

la prima ipotesi - avuto un ruolo di  concorso omicidio. Poi l'accusa cadde.  L’omicidio, secondo la ricostruzione della procura,  serviva come messaggio, per far mantenere alto il prestigio della famiglia, in quella  perversa e strana “logica da guappi” . Il potere si conquista con la violenza, e quindi bisognava mostrare agli  altri di avere ancora “prestigio”, di non temere nessuno sfidando quanti nelle forze dell’ordine avevano avuto il coraggio di mettere in discussione concretamente e con atteggiamenti pubblici il loro potere.  Pertanto, secondo questa ricostruzione, il minorenne si sarebbe assunto- in un secondo momento-  la responsabilità dell’omicidio per avere degli sgravi penali. 
 Una cosa però  è la condanna  giudiziaria(che è stata accertata), ed è  scritta da sentenze; altra è quella sociale e collettiva che – basandosi su quest’ultima-  deve essere  ancora più forte, e netta (e spesso tarda ad arrivare dalla nostra collettività)  . 

Raccontare e ricordare, serve proprio per stigmatizzare quella presunta logica da guappo , che – chiunque supera la soglia della bestialità-  sa essere  profondamente nociva, e vigliacca  anche a causa  della collusione con una certa  assuefazione della cittadinanza, che ancora oggi tarda a schierarsi.  

Oggi 5 gennaio ’2013 , sulla targa che si trova nella piazza principale di Afragola in ricordo del Maresciallo D’Arminio,  verrà omaggiato la sua figura con tre rose bianche, non solo per il “semplice” ricordo del suo operato; ma affinché arrivi finalmente quella condanna sociale da tutti, oggi troppo spesso minacciata da mezzi silenzi, assuefazioni e omertà.    


1 Di Pasquale Scordamaglia  Il coraggio del maresciallo D’Arminio. Un investigatore di razza dall’incomparabile impegno civile. http://mpmeltingpot.wordpress.com

2 Ordinanza custodia cautelare


Fonte: liberaafragolacasoria.com 5 Gennaio 2012






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